a cura di Padre Giuseppe Sinopoli

 

 

                                                                                                                                                                                premessa

                                                                                                                                                                               pubblicazioni 

                                                                                                                                                                           

 

IL CONVENTO DEI CAPPUCCINI

                                                                    CHIARAVALLE CENTRALE

 

 

 

 

 

PRESENTAZIONE

 

 

 

                                                                Est Clara Vallis castellum alterum

                                     cum linis optimis

Gabriele Barrii franciscani,

De antiquitate et situ Clabriae

Romae apud Josephum de Angelis 1571.

 

 

Le istituzioni monastiche dal loro sorgere hanno costituito un pio legame ed uno zelante veicolo di fede tra il popolo e la Chiesa specie poi nelle aree rurali, ancora di più se esse appartenevano alle famiglie dei mendicanti. Tra queste, in Calabria, hanno compiuto un reale servizio di apostolato e di solidarietà i vari Ordini richiamantisi a s. Francesco.

 

I Cappuccini poi furono circondati da grande devozione e simpatia per la gioviale serenità della loro presenza, per la sobrietà delle pratiche religiose, per la pronta e minuta opera di ausilio a famiglie e persone in stato di bisogno o di disagio, per la prudenza del comportamento.

 

Ecco le ragioni del loro straordinario sviluppo da quando s’irradiarono dall’eremo reggino di Valletuccio riconosciuto - com’è noto - da Clemente VII e quanta strada essi percorsero dal fervido avvio ufficiale del 1532 culminato con la elezione del p. Ludovico Comi!

 

Quest’aura di simpatia ha circondato anche il convento di Chiaravalle Centrale (e traspare dall’opera che sto presentando) solido anche nella sua struttura fisica tanto giustamente diversa dalle prime capanne di frasche erette a Filogaso allorché ivi si era insediata la prima comunità.

 

Chiaravalle sorse quasi sicuramente il 1576 seguendo di qualche anno quello di Mesoraca e precedendone molti altri (Torano, Mormanno, S. Caterina Jonio, Corigliano Cal., ecc.). Il suolo su cui fu eretto a circa 100 passi dall’abitato «era (nel 1650) contiguo colla via pubblica, dall’altre parti limita colle possessioni di Marc’Antonio Staglianò, e Carlo Gratta e degli Heredi de quondam Cornelio Gimelli» come riferisce documentalmente Fiorenzo F. Mastroianni.

 

Alla stessa data figurava provvisto di 17 celle, 4 sacerdoti ed un chierico.

Una forte illuminazione ora assembla e definisce la storia e le ricerche del convento, con l’ausilio di documenti inediti e con rigore bibliografico, p. Giuseppe Sinopoli recando un serio ed avvolgente contributo conoscitivo che molto giustificato favore incontrerà. Di rilievo, anche per le emozioni che destano, le immagini di opere d’arte sorprendentemente sinora sconosciute ed i segni iconici di pittori inediti: autentiche scoperte. Molte le fotografie d’epoca.

 

* * *

 

Ed in verità per questo verso è anche praticata la contestualità di ruolo e di storia di Chiaravalle a cui desidero contribuire con rapide note[1].

 

Purtroppo Chiaravalle fu ripetutamente colpito da terremoti e soprattutto da quello poco noto ma molto funesto del 1659 che causò 67 morti e 91 case «fracassate» per come riferì il consigliere Hettore Capece Latro.

 

I superstiti trovarono meschino rifugio nelle casette costruite dopo il terremoto del 1638 e da tempo ormai ridotte ad ovili.

 

Non si salvò neppure il solido castello del tutto atterrato tanto che si salvarono - scrive De Marinis - soltanto don Baldassare Capece Piscicello, nobile napoletano, e il di lui nipote Celio Noceto, patrizio catanzarese.

 

Un terremoto molto documentato e gravissimo è stato quello del 1783. Il sisma scatenatosi il 27 marzo provocò ingenti danni. Chiaravalle, Argusto e Gagliato furono pressoché distrutti. D. Andrea De Leone (Giornale e notizie de’ terremoti accaduti l’anno 1783, Napoli, Stamperia Raimondi 1783) scrive: «Questi 3 paesi che niente hanno in comune fra di loro, corsero l’istesso destino». Tutte le case furono distrutte e dal crollo si salvarono alcune casette ad un piano. Per fortuna ci furono soltanto 2 morti, ma in danaro il danno fu di 70 mila ducati.

 

In quel tempo nel territorio di Chiaravalle si coltivavano grano, granone, lino, olivi e gelsi. Floridi erano i castagneti.

 

Chiaravalle dall’ordinamento amministrativo francese collocato nel Dipartimento della Sagra e sito nel cantone di Satriano, nel 1810 con decreto n. 695 è sede di un corpo di vigilanza per la tranquillità pubblica e l’anno successivo viene riconosciuto centro di un piccolo circondario comprendente Torre, Cardinale, Argusto, Gagliato, S. Vito, Cenadi.

 

Dallo spoglio della legislazione effettuato da Gustavo Valente si apprende che Chiaravalle contribuisce con il versamento di lire 176 per il sostentamento del liceo di Catanzaro collocandosi così all’undicesimo posto fra i Comuni chiamati a concorrere.

 

Ma sulla vita di Chiaravalle valgono altre notizie contigue al suo evolversi civile e sociale.

 

Nel 1822 Vincenzo e Santo Maroniti effettuano una donazione al Comune in soccorso della pubblica beneficenza; nel 1831 s’interviene per costituire censi sul fondo detto Cappella dove in capanne e baracche vivono 150 persone le cui abitazioni erano state distrutte dal terremoto del 1783 (dopo 46 anni nessuna riedificazione era stata fatta!).

 

Nel 1837 è previsto il sorgere di un monte frumentario e due anni dopo D. Francesco Rauti fa una donazione di centocinquanta ducati per il completamento della Chiesa Matrice.

 

Maggiormente pertinente al tema così caro a p. Giuseppe è il decreto n. 10011 del 2 marzo 1846 con cui il Re concede il suo beneplacito perché in coerenza con il parere della commissione del Concordato sia ripristinato il convento «ora che quel locale ed orto adiacente sono disponibili per la soppressione del monastero delle perpetue adoratrici in Squillace».

 

Intanto anche la vita economica è incrementata. Il 1853 è decretato il mercato da tenersi il sabato di ogni settimana; nel 1856 è riconosciuto l’ausilio di un aggiunto (assessore) all’eletto (sindaco).

 

* * *

 

Suscitatore di memorie storiche sulla presenza luminosa dei cappuccini a Chiaravalle nella sua inerenza con la comunità locale è un giovane che pur nell’austerità del volto fa trasparire la fiamma, l’ardore ed il fervore del cercatore della verità: p. Giuseppe, devoto, umile, modesto e pertanto prezioso ricostruttore.

 

P. Giuseppe non è un improvvisato ricercatore od esegeta. Ha già pubblicato vari scritti e studi di notevole interesse: per seguire piamente la Tredicina antoniana (1984) e per focalizzare l’opera dei fratelli e sorelle della penitenza nella fraternità di Reggio Cal.- Catanzaro (1987).

 

Il nostro cappuccino è licenziato in Teologia e specializzato in Catechetica che insegna (insieme alla Storia della Chiesa locale) a Lamezia Terme. Ha avuto vari incarichi (definitore, guardiano, parroco, cappellano, ecc.) e da quasi un lustro è anche segretario nazionale per l’evangelizzazione nonché componente della segreteria nazionale per l’evangelizzazione intercongregazionale.

 

Scrivo queste righe oltre che per riguardo al carico faticoso di studio di p. Giuseppe - veramente benemerito e degno di lode - anche perché fra i cappuccini ho avuto lo zio p. Domenico (ora sacerdote diocesano per remoti motivi di salute) e un caro maestro: p. Remigio da Cropani.

 

Merito sia reso al Sindaco di Chiaravalle, per me dolce e rassicurante rifugio nell’anno più doloroso e amaro della nostra storia recente; paese laborioso ed onesto fors’anche per la rettitudine e l’eticità nei secoli inculcati (oltre dai preziosissimi parroci) anche dai cari frati cappuccini.

 

E merito primaziale - naturalmente - al solerte e valente p. Giuseppe.

 

 

Catanzaro, 4 ottobre 1997

                                                                            Cesare Mulè

 

 

NOTE

 

 [1] Orientamenti bibliografici: CAPECE LATRO HETTORE, Breve relazione fatta dal consigliere Hettore Capece Latro in UCCIO D’ORSI, I terremoti delle due Calabrie, fedelissimamente descritti come testimonio di vedute, Napoli 1640; DE LEONE ANDREA, Giornale, e notizie de’ terremoti accaduti l’anno 1783, Napoli 1783; DE MARINIS DONATO ANTONIO, Relazione fatta a S. E. sopra li danni che hanno patito molte città, terre e casali nella Provincia di Calabria Ultra per cagione del terremoto del 1659, Napoli 1660; GRIMALDI ACHILLE, La Cassa Sacra ovvero la soppressione delle mani morte, Napoli 1963; MASTROIANNI FERDINANDO FIORENZO, Analisi storica socio-religiosa di una inchiesta pontificia relativa alla Calabria Ultra del Cinque-Seicento, Napoli 1976; CESARE MULE’, La Certosa di Serra S. Bruno, Cava de’ Tirreni, 1962; IDEM, Una storia di Catanzaro, Chiaravalle Centrale 1982; VALENTE GUSTAVO, Storia della Calabria nell’età moderna, Chiaravalle Centrale 1980.