a cura di Padre Giuseppe Sinopoli

 

 

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                                                                                                                                                   offerta del cero

IL CULTO DI SANT’ANTONIO

Da Padova al mondo

E’ da Padova che si è irradiato nel mondo il culto di sant’Antonio. I suoi confratelli non hanno tralasciato nulla pur di inculturarlo nella fede dei cristiani nella forma più genuinamente evangelica, perseguendo anzitutto il bene spirituale e poi il benessere temporale.

Dal giorno della sua canonizzazione (1232) alla seconda metà del secolo XIX, la presenza cultuale del santo nel mondo, anche non cristiano, guadagna terreno, soprattutto a livello popolare. Ma è «con il tardo Ottocento - scrive Vergilio Gamboso - e fino ai nostri giorni che s. Antonio viene man mano riconosciuto come un protagonista della storia religiosa mondiale. Proposto come Dottore della Chiesa nel 1946, egli riceve anche sul piano ufficiale un tributo di ammirazione, che ne fa un fenomeno a parte, d’imponente universalità.

Tra i miracoli di s. Antonio va collocata la fioritura agiografica da lui ispirata. Facciamo riferimento alla Vita prima o Assidua, stilata per la sua canonizzazione; alla Vita secunda; alla Benignitas, alla Raymundina e alla Rigaldina, al Liber miraculorum, ecc. Da queste opere è nata, e tuttora viene fiorendo, una fitto florilegio di lavori biografici, per lo più d’ispirazione divulgativa, ma anche di impronta scientifica, nelle principali lingue europee: ne emerge la figura affascinante e complessa, nei suoi aspetti misteriosi e perfino contraddittori e perciò tanto più viva e umana di Antonio»1.

Ed è forse proprio questa umanità che traspare dalla sua ricca vita interiore che carica l’animo dell’uomo di fiducia e di carità. Pensiamo, per esempio, all’istituzione del pane di sant’Antonio e alle tante e tante altre opere assistenziali, come gli orfanotrofi, i lebbrosari, i centri di rieducazione giovanile (drogati, handicappati), la Casa della Provvidenza sant’Antonio... Pensiamo ai tantissimi pellegrini che ogni anno si mettono in cammino verso il santo dei miracoli. E poi, tridui, novene, tredicine e le particolari devozioni personali e comunitarie. Se c’è stata e c’è una risposta così generosa da parte dell’uomo, è perché sicuramente l’uomo avvertiva ed avverte nel suo cuore molta consolazione e speranza. La stessa consolazione e speranza che animano anche il cuore del nostro popolo chiaravallese e dintorni.

E’ questa la ragione della sua costante presenza alle azioni liturgiche e della sua pronta risposta alle varie diaconie emergenziali. Tra queste - festa di giugno, devozione dei martedì e vestizione, per voto, dei piccoli e dei grandi coll’abito del Santo - ricordiamo quella antoniana del Pane dei poveri2.

 

La festa del santo a Chiaravalle Centrale

Verosimilmente la festa di sant’Antonio a Chiaravalle Centrale affonda le sue radici nel periodo dell’insediamento della fraternità cappuccina, avvenuta nella seconda metà del secolo XVI. D’altra parte, dopo la privilegiata venerazione verso la Vergine, com’era nella tradizione dell’Ordine Francescano, non si poteva prescindere dal vivere un’intensa comunione spirituale, con conseguenti e provvidenziali frutti a beneficio dell’anima e del corpo, volgendo il cuore e la mente al Padre Fondatore e al Padre di poveri.

Purtroppo la carenza documentale, dovuta al succedersi dei tristissimi eventi naturali . come terremoti, alluvioni, epidemie, - ed umani - come guerre, soppressioni ed incuria – non ci permettono di rivisitare questa edificante e grandiosa pagina di fede devozionale, che i frati hanno scritto sulla lavagna storica dei tempi con il fervore della preghiera, lo zelo dell’evangelizzazione e il trasporto della celebrazione liturgica e socio-culturale, all’insegna della perfetta letizia e della carità, con le popolazioni chiaravallesi e del circondario. Essa, però, continua a vivere, grazie al racconto memoriale emulativo della tradizione, sia pure a fasi alterne e secondo la diversificazione della sensibilità religiosa e culturale dei protagonisti, sempre viva e propositiva.

Fino ad una decina di lustri orsono, si privilegiava l’aspetto spirituale, scegliendo accuratamente un "predicatore di grido" per la tredicina, e intensificando l’invito alla catechesi e alla vita sacramentaria; successivamente, si è cercato di allargare gli orizzonti, in linea con i segni dei tempi, programmando momenti di festa socio-culturale e ludici, senza però sminuire la ricchezza e la tensione di quella spirituale, che si manifestava concretamente nel lodare il Signore, ringraziandoLo per le meraviglie operate in sant’Antonio e nella persona che a Lui spalanca il cuore, nel farsi evangelico dono di carità ai fratelli e soprattutto ai più bisognosi.

Mi piace qui menzionare, a riprova di quanto sopra, il grandioso input dato alla festa di sant’Antonio a Chiaravalle Centrale, nella secondo metà degli anni ’60 del secolo appena trascorso, dai Padri Alessandro Nardi e Camillo Plataroti, coadiuvati da un apposito Comitato, con intrattenimenti spirituali e socio-artistico-culturali di assoluta eccellenza, catalizzando per più decenni l’attenzione del popolo chiaravallese e del circondario. Semplicemente geniale l’invenzione del "giugno chiaravallese", il cui eco memoriale stimola forti emozioni, specie per chi l’ha goduto, di nostalgia.

Nel sessennio 1996-2002, essendo animatore dell’attività pastorale della Rettoria conventuale del Sacro Cuore di Gesù padre Giuseppe Sinopoli, la solennità del Santo di Padova è stata resa ancora più significativa con l’offerta del cero votivo a sant’Antonio nel giorno della festa - alla Messa delle ore 9.30 - da parte dell’Amministrazione Comunale, nella persona del sindaco Giuseppe Maida, a seguito della proposta del Guardiano, formulata mediante lettera il 6 giugno. Tale cerimonia è stata ereditata e onorata, con eguale dedizione e devozione, dal subentrante primo cittadino Nino Bruno, incanalandola così nel solco delle tradizioni.

Nell’anno 2000, trovandosi la chiesa chiusa per inagibilità - dovuta ad un violentissimo uragano che si è abbattuto sulla zona dalla notte del 24 dicembre alla notte del 28 dicembre 1999 – si è realizzata, per la prima volta, grazie alla benevolenza e alla condivisione del parroco don Dino Piraino, la tredicina itinerante nel territorio chiaravallese, selezionando le stazioni in modo da facilitare il maggior concorso delle famiglie sia per la celebrazione della santa Messa e la preghiera devozionale e sia per la benedizione del pane, degli abitini e dei bambini.

Notevole il numero delle persone che si accostavano al sacramento della riconciliazione; encomiabile la disponibilità, nonostante le condizioni di salute non ottimali, di padre Eugenio Barbieri e, ovviamente, del predicatore. Sembrava di vivere in lembi di paradiso nel vedere come i rioni si addobbavano con fiori e arazzi, come se fossero dei grandi cenacoli di preghiera, e si animavano con il calore dell’accoglienza degli ospitanti e con la pietà religiosa delle famiglie, giunte da ogni dove, perfino dal centro urbano. Sui volti dei presenti splendeva commossa l’emozione compiacente dell’evento, reso più godibile e seducente dalla gioia angelica dei bambini, che, al termine della cerimonia, accorrevano a frotte, sorpassando i giovani e gli adulti, per ricevere per primi le piccole porzioni di pane, accogliendo entusiasti l’invito, e non solo essi, a portarne agli anziani e agli ammalati, le cui condizioni li avevano costretti a rimanere nelle case.

La Statua sostava nella famiglia ospitante da un’ora prima della celebrazione liturgica al pomeriggio del giorno dopo, per essere poi accompagnata su un camioncino, guidato da Pino Scolieri, dopo essere stata ivi sistemata sopra la vara infiorata da bianchi gigli, detti di sant’Antonio, e attorniata da tanti bambini in abitino anch’esso antoniano. La precedevano e la seguivano, al suono intermittente dei clacsons, una lunga e festosa teoria di macchine, fino alla prossima stazione. Quivi giunti si dava inizio alla recita del rosario e i sacerdoti si mettevano a disposizione per l’ascolto delle confessioni, onde consentire a tutti di sedere, degnamente, alla mensa della Parola e dell’Eucaristia.

La conclusione di questa suggestiva manifestazione in onore di sant’Antonio si è celebrata al Rione omonimo con un concorso di popolo straripante. Mentre il giorno della festa, le solenni Azioni Liturgiche hanno avuto luogo, sempre per l’inagibilità della chiesa, nel piazzale del Convento. Edificante e densa di pathos emotivo la benedizione, al termine della Messa delle ore 11.00 – come ormai da alcuni anni - degli abitini e dei bambini.

Non sono, naturalmente, mancati i momenti ricreativi con giochi e tornei calcistici e bocciofili rionali, e con l’esibizione di due importanti eventi artistico-musicali, rispettivamente, la sera del 12 e del 13 giugno.

Nell’anno 2001, l’esperienza della tredicina itinerante si è ripetuta soltanto in alcuni rioni del centro abitato e delle campagne, portandosi sul posto immediatamente dopo quella celebrata nella chiesa conventuale, e solo per alcuni giorni, lasciando ugualmente abbondanti frutti spirituali e umani.

 

Il pane di sant’Antonio o dei poveri

L’atto liturgico di preparare il pane di sant’Antonio o dei poveri e portarlo al convento è legato ad un prodigioso miracolo operato a Padova dal Santo nei confronti di un bambino. Si era appena agli inizi del culto antoniano.

«Tommasino - ci racconta un biografo del Santo, Alfonso Salvini - (non aveva ancora compiuto i due anni) era figlio di buoni genitori che abitavano vicino alla chiesa del Santo.

Un giorno, avendolo la madre lasciato solo, egli incominciò a baloccarsi vicino ad un grosso recipiente di acqua. Forse vi vide rispecchiata la sua figura e, nel desiderio di raggiungerla, cadde nell’acqua a testa in basso e vi perì miseramente.

Quando la madre, che accudiva ad alcune faccende, fu ritornata e vide il suo piccino senza più segno di vita, diede nei più alti e dolorosi gemiti e grida, per i quali accorsero vicini ed alcuni frati che erano intenti ad osservare i lavori della basilica in costruzione.

Tutti furono intorno a Tommasino e usarono ogni arte per fargli riacquistare i sensi; ma visto che la morte si era ormai impossessata di quell’Angioletto, presero a confortare la madre e poi si partirono, dolenti di un caso tanto lacrimevole. La madre invece, che maggiormente era invasa dall’amarezza e dal dolore, ebbe anche maggior fede di tutti, e confidando nei meriti di sant’Antonio, fece voto a lui di distribuire ai poveri tanto grano, quanto era il peso del bambino, se questi fosse ritornato in vita.

Erano passate alcune ore dal triste caso, quando ad un tratto, mentre la donna rinnovava con fervore il suo voto, il bimbo emise un grido. Era ritornato in vita!

Fu mantenuta la promessa, e la devozione a sant’Antonio, mediante la carità ai poveri, incominciò a propagarsi, sotto il nome di Pondus pueri - Peso del bambino»3.

Ma col trascorrere del tempo questa pia pratica ha perso di popolarità fino a scomparire quasi del tutto. I poveri, invece, aumentavano sempre più di numero. Ed il santo, che nella vita aveva fatto dei poveri i suoi amici preferiti, non poteva abbandonarli.

Si era verso la fine del secolo scorso e a Tolone, una città della Francia, viveva una tranquilla signora di nome Luigia Bouffier. Svolgeva un’attività commerciale. Ogni mattina, come suo solito, si recava di buon ora al magazzino. Ma un giorno... Leggiamo anche noi la lettera del 15 novembre 1892 con la quale tramanda quanto le accadde:

«Quattro anni or sono, io non aveva alcuna idea della divozione a sant’Antonio di Padova, solo avevo udito dire, in modo vago, che egli faceva ritrovare le cose perdute. Una mattina non potei aprire il mio magazzino: la serratura a segreto era rotta. Mando a chiamare un fabbro ferraio il quale viene con un gran mazzo di chiavi, e lavora per circa un’ora, ma poi perde la pazienza e mi dice: "Vado a cercare gli arnesi necessari per sfondare la porta". Durante la sua assenza, inspirata dal buon Dio, dico a me stessa: "Se tu promettessi un po’ di pane a sant’Antonio pei suoi poveri, potrebbe essere che Lui ti facesse aprire la porta senza romperla". In quel momento torna il fabbro con un compagno. Io dico loro: "Vi prego a concedermi una soddisfazione; ho promesso del pane a sant’Antonio di Padova pei suoi poveri; provate ancora una volta ad aprire la porta prima di sfondarla: forse questo santo verrà in nostro aiuto". Quelli accondiscendono, ed ecco che la prima chiave che introducono nella toppa, apre senza resistenza, sembra la chiave stessa della porta. Inutile ridire lo stupore di quella gente. A partire da quel giorno tutte le pie mie amiche pregarono con me il buon santo, e la menoma delle nostre pene era sempre manifesta a sant’Antonio con promessa di pane pei suoi poveri.

Siamo comprese d’ammirazione per le grazie che il santo sempre ci ottiene. Una mia intima amica, testimone di quei prodigi, gli fece subito promessa di un chilogrammo di pane per tutti i giorni della sua vita, se ottenesse in un membro della sua famiglia la scomparsa di un difetto che l’affliggeva da ventitré anni: la grazia fu subito concessa ed il difetto non comparve mai più. In riconoscenza essa comperò una statuetta di sant’Antonio di Padova e me la donò, noi la collocammo nella mia retrobottega, una piccola stanza oscura ove fa d’uopo d’una lampada grande per poter vedere. Ebbene? Tutto il giorno questa cameretta oscura è piena di gente che prega, e con qual fervore! Non solamente pregano tutti, ma direbbesi che ciascuno è pagato per far conoscere e propagare questa divozione.

Ora è un soldato, un ufficiale, un comandante di marina, che, partendo per un lungo viaggio, vengono a fare una promessa di pane a sant’Antonio, se loro non accade nessun male durante il viaggio. Ora è una madre che domanda la guarigione del suo bambino, o il felice esito negli esami; ora una famiglia che domanda la conversione d’una persona cara che sta per morire e non vuol ricevere il sacerdote; ora una domestica senza lavoro o un operaio senza occupazione. Tutte queste domande sono accompagnate da una promessa di pane se saranno esaudite... 4.

E bisogna riconoscere che, a giudicare dai chili di pane dispensato ai poveri nei soli mesi di novembre e dicembre del 1891 (corrispondente a lire 498,40), le grazie esaudite sono state davvero tantissime!

Da Tolone l’istituzione del pane di sant’Antonio si divulgò piuttosto velocemente in tutta la Francia; e da qui nelle altre nazioni, compresa l’Italia, dove nel giro di pochi anni non v’erano città e villaggi, anche i più piccoli, che non fossero coinvolti in questo atto di fede, speranza e carità5. A dimostrazione di come questo filone della provvidenza divina continuava - grazie all’opera dei fedeli che avevano ottenuto la grazia dal santo - ad ingrossarsi sempre più, traendo grande beneficio soprattutto i poveri, vi sono le statistiche che si pubblicavano periodicamente6.

Anche i popoli di Chiaravalle Centrale e dei paesi limitrofi hanno maturato grandi e significative esperienze spirituali a beneficio dell’anima e del corpo. Ne è conferma il gran numero di ceste di pane portato in occasione dei solenni festeggiamenti in onore del santo, come pure quello che settimanalmente veniva consegnato dalle mamme - e tra queste anche la mia cara mamma Maria Totino - al frate questuante di turno quando, passando per le vie del paese, si annunciava col grido: "San Francesco!".

Il pane di sant’Antonio è stata ed è una devozione che ancora oggi, sia pure con meno intensità, manifesta la sua forte vitalità per tutto l’anno liturgico, principalmente durante la pratica dei martedì di sant’Antonio. E noi crediamo che non ci sia, specie in Chiaravalle Centrale, famiglia, ricca o povera, che non abbia, almeno una volta, portato ai piedi del Taumaturgo di Padova la cesta colma di tredici profumati pani, od una somma equivalente, da distribuire ai poveri, in segno di ringraziamento e di gratitudine per la grazia ottenuta o di speranza per una grazia implorata.

Padre Giuseppe Sinopoli

   NOTE
1 ERGILIO GAMBOSO, Antonio di Padova. Vita e spiritualità, Padova 1995, pp. 235-236.
2 Cfr. GIUSEPPE SINOPOLI, Tredici giorni con s. Antonio di Padova. Cenni storici e preghiere, Chiaravalle Centrale 1984, p. 11.
3 ALFONSO SALVINI, Sant’Antonio di Padova, Cinisello Balsamo 1986, p. 236.
4 FERDINANDO (P.) DIOTALLEVI, Filotea Antoniana ossia il cristiano che si santifica in compagnia di s. Antonio di Padova, Firenze 192510, pp. 425-427.
5 Cfr. LUCIANO BERTAZZO (a cura), Antonio di Padova uomo evangelico. Contributi biografici e dottrinali, Padova 1995, p. 185.
6 Cfr. FERDINANDO (P.) DIOTALLEVI, Filotea Antoniana..., pp. 428-431.