a cura di Padre Giuseppe Sinopoli

 

 

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IL GIARDINO

  

L’orto

 

L’orto è una distesa che percorre i lati est-nord-ovest dell’intero fabbricato. Al catasto è riportato al foglio di mappa n. 34 - terreni di Chiaravalle Centrale - e comprende le particelle 1, 2, 15, 16, 19 e 20. Recentemente è stata aggiunta anche la particella 717 del foglio di mappa n. 35, in seguito ad atto di permuta con gli eredi Fiumara. Per una superficie complessiva di 16.958 metri quadri, di cui:

 

- seminativo irriguo mq. 2.020;

- seminativo arborato mq. 12.060;

- seminativo mq. 300;

- vigneto mq. 1.100;

- incolto produttivo mq. 348;

- uliveto mq. 1.130.

 

Sull’esempio del padre san Francesco, i frati Cappuccini del convento di Chiaravalle Centrale hanno amato la terra con devozione filiale, ottenendone copiosi frutti. Coltivavano ogni angolo, cercando di migliorarne la resa. A tal motivo nel 1903 il guardiano del tempo, padre Luigi da Villa San Giovanni, presentava formale istanza al Sindaco, il cav. Gregorio Staglianò, per ottenere la concessione dell’uso delle acque della soppressa fontanella e poter irrigare così la parte che sulla mappa catastale attuale risulta essere la n. 19. In conseguenza di detta concessione con delibera consiliare del 18 maggio 19031, i frati hanno realizzato la condotta idrica che dalla sorgente portava l’acqua nella zona apposita dell’orto dove era stata nel frattempo costruita la vasca triangolare che, a sua volta, comunicava con le vicine cisterne di raccolta -“di probabile edificazione coeva al convento” 2 - tuttora funzionanti.

 

Infatti, erano state lesionate da un furibondo uragano, scatenatosi tra il 07 e il 10 settembre 2000, e si è potuto così procedere nel 2001 - grazie ad un contributo istituzionale e alla continua consulenza del Responsabile di procedimento della Soprintendenza di Cosenza, nella persona del geom. Giancarlo Del Sole - al loro consolidamento e restauro, provvedendo pure a rimuovere le frane, “in prossimità di muri di contenimento esistenti”, e a costruire dei gabbioni per l’esecuzione dei muri a secco, “in modo da permettere un loro successivo inerbimento e, quindi, una migliore occultazione”.

 

Inoltre si è recuperata, ritracciandola e fornendola dei nuovi ritrovati in materia, la piena efficienza della “regimentazione delle acque meteoriche e della loro canalizzazione”; si è ripristinato pure il sistema per la decantazione dell’acqua in modo che, mediante il passaggio da una vasca all’altra, il prezioso liquido venisse depurato prima di essere accolto dalle cisterne.

 

Infine, è stata restaurata - sempre attenendosi alle direttive del funzionario della Soprintendenza di Cosenza - la casetta, sottostante le cisterne, ripulendola da ogni incrostazione e ricostruendole il testo; sono stati, quindi, ripuliti la vasca limitrofa ed il tunnel, con annessa cella dell’eremita, alla cui testa vi si trova una delle uscite dell’acqua giacente nelle cisterne.

 

Il 15 maggio 1929 padre Benedetto da Cannitello, guardiano, chiedeva al Podestà «di poter attaccare un tubo sulla condotta comunale che passa per la “Scesa Cappuccini” e trasportare l’acqua nei locali del convento”, ottenendone la concessione3. L’acqua si versava nelle vasche, dette cisterne, le quali erano state coperte ad arte da ritagliare un angolo veramente suggestivo, ideale per leggere o abbandonarsi alla meditazione.

 

Disponendo di tanta ricchezza idrica, i frati, addetti alla coltivazione dell’orto, non hanno tardato a popolarlo di ortaggi (aglio, basilico, bietola, carciofi, cavolfiore, cavolo broccolo, cavolo cappuccio bianco, cetriolo, rapa, cipolle, finocchio, lattuga, mais, peperone, pomodoro, prezzemolo, ravanello, sedano, zucca…), e di alberi da frutto (albicocco, pero, melo, pesco, ciliegio, mandorlo, susino, mandarino, fico, limone, cedro, olivo, vite, cotogno, noce, fragola, mirtillo…).

 

L’orto godeva una grande considerazione nella cultura dei frati e veniva, abitualmente, assegnato alle cure speciali di un confratello non chierico, magari aiutato da qualche famulo. Suo compito era quello di coltivare il necessario per il fabbisogno della comunità e dei poveri, senza però dimenticarsi della coltura dei fiori per l’ornamento degli altari del Tempio di Dio.

 

Uno degli ultimi ortolani, il cui ricordo rimane vivo nell’edificazione del popolo chiaravallese e dintorni, è stato fra Bonaventura Marrapodi da Caraffa del Bianco, uno specialista nell’arte del giardinaggio. A lui si deve il merito di avere introdotto e diffuso – quando la sua ormai veneranda età non gli consentiva di soddisfare ogni cura richiedente la specie pregiata - una nuova varietà di uva, detta appunto i viti d’o cummentu, che lui personalmente aveva importato dalla Francia e che lo alleggeriva di molto nella fatica. In diversi vigneti della zona ancora esiste.

 

A gennaio del 1997, essendo Guardiano padre Giuseppe Sinopoli e Vicario il padre Eugenio Barbieri, si è progettata la preparazione del terreno, livellando i terrazzamenti e ridistribuendo uniformemente il suolo, per l’impianto di un nuovo vigneto di eccellenza, avvalendosi della consulenza di un professionista agronomo, prof. Eugenio Cerra, degli esperti nel settore, con maggiore o minore esperienza, Peppino Corrado, Salvatore, Domenico Rauti, Graziano Giorgio, Ciccio Pellegrino e Giuseppe Grande.

 

Per la preparazione del terreno, detta in gergo locale “scippa”, consistente nello scasso e ripuntatura fino a circa 120 cm di profondità, nella frangizzollatura o erpicatura, e nella concimazione con giusta dose di stabio “naturale”, uniformemente distribuito, si è fatto ricorso ad apposito aratro in dotazione dell’amico Graziano Giorgio. Quindi sono stati tracciati dei solchi lineari, equidistanti tra di loro cm 160 e sulla fila cm 120, allo scopo di facilitare la lavorazione con l’aratro meccanico. Conficcati i paletti in cemento, dotati di appositi fori per il passaggio del ferro zingato da formare una spalliera, sono stati posti in coltura le barbatelle innestate, acquistate presso l’azienda vivaistica “Vivai Maiorana” di Acconia di Curinga, accompagnate da apposito passaporto, a garanzia della qualità del prodotto. Il numero complessivo è stato di 1.175 unità, selezionate nelle due specialità: varietà da vino e varietà da tavola. La varietà di vino comprendeva la malvasia, il gaglioppo, il greco bianco, il greco nero, il nerello cappuccio; la varità da tavola, invece, lo zibibbo, la cardinal, l’olivetta vibonese, la regina e l’uva italia.

 

Ogni barbatella è stata corredata da un tutore allo scopo di tutelare la crescita lineare, e quindi senza incrinatura, aggiungendovi una modica quantità di concime minerale.

 

Conoscendo la durata del ciclo biologico della vite, che si aggira intorno ai 30 anni, si è pensato di piantare, ogni sei metri lineari della filiera, alberelli di ulivo, della varietà calorea o nicastrese, in modo che, in caso di abbandono della vigna, si assicurasse una alternativa altrettanto redditizia.

 

Osservato in primavera il germogliamento delle viti, si è effettuata la legatura dei tralci; nei mesi maggio-giugno sono stati curati, contro le malattie fungine (peronospora e ovidio), i trattamenti a base di rame e zolfo; nei mesi luglio-agosto si è praticata una leggera potatura verde; e a fine settembre-inizio ottobre si è provveduto alla prima raccolta, di modesta quantità, del prodotto.

 

Contestualmente si è provveduto a dotare, per la vendemmia, la cantina di tutte le attrezzature idonee per il processo di vinificazione, acquistando 2 tini in plastica, rispettivamente, da 7 e 5 quintali, ed un paio più piccole, che si andavano ad aggiungersi al tino di castagno, di pregevole fattura, con toghe di circa 6 cm di spessore e della capienza di 14 quintali; 72 cassette di plastica, la pigiadiraspatrice, 2 botti da litri 300, 2 da 200 e 2 da 100; 20 damigiane da 54 litri; numero 25 damigianette da 5 e 10 da 10 litri; 150 bottiglie di vetro scuro da un litro, e la pompa di tiraggio per il mosto con 20 metri di prolunga gommata; 3 contenitori da 200 litri e due da 50 per la conservazione dell'olio; un bidone da 200 litri e uno da 100, con fornello a gas, per la preparazione della salsa.

 

Nel resto dell’orto sono stati collocati, in continuità con la lodevole tradizione dei nostri padri, una trentina di alberi da frutto, avendo in cuore di condividerlo, assieme al prodotto viticolo, con le fraternità della Provincia cappuccina.

 

Assai suggestivi i viali che attraversano l’intero giardino, specialmente quello che dal cancello sale fino al piazzale interno lato ovest del convento e lambisce le stupende e gigantesche querce secolari introdotte da  alberi di noci, mandorli e sorbi.

 

Il suddetto piazzale, ampio, è come una balconata a fronte di un’immensa e incantevole distesa verdeggiante a forma di anfiteatro. Mentre quello interno lato est, meno ampio ma sicuramente più intimo, contrappone similare finestra panoramica avendo per sfondo il meraviglioso mare jonio.

 

Il giardino, per la sua particolare ubicazione a scalinata, rende ancor più maestosa la chiesa, posta sulla sommità ad est-sud della collina.

 

 

La villetta

 

Alla cima del giardino, lato est, adiacente il retrospetto del Calvario con angolo il campanile e una parte dell’antico convento, sorge la cosiddetta villetta, riportata nel foglio di mappa n. 34, particella 13.

 

Essa venne ritagliata nella metà antistante il piazzale interno del convento da padre Remigio Alberto Le Pera, ricavando nella parete limitrofe (lato sud) una nicchia per collocarvi una statuetta dell’Immacolata, alta circa 45 cm.

 

Il suddetto padre, nel chiedere in dono, con lettera datata 19 luglio 1939, al Ministro Provinciale la statuetta di cui sopra, precisava che «questo convento - casa di Noviziato - non ha un giardinetto per i fiori, come è consuetudine nell’Ordine nostro».

 

Infatti, i Novizi e gli Studenti, e non solo - approntata la villetta - durante l’ora di ricreazione o del tempo libero, incominciarono a coltivarvi i fiori che sarebbero poi serviti per l’ornamento degli altari della Chiesa.

 

Al centro della villetta il 29 luglio del 1958 - durante la Guardiania del padre Leonardo Mercurio da Montauro - è stata rinvenuta dal prof. dott. Giorgio Costantino, libero docente dell’università di Catania, una vena di acqua freatica in direzione sud-ovest 26°-nord-est 8°, stimata alla profondità di circa 16 metri, larga circa 17 metri, erogante circa 10 litri di acqua al minuto secondo. Prodotto lo scavo dalla ditta Fabiano da Chiaravalle Centrale4 nel punto indicato, l’acqua è stata trovata, dopo 15 giorni di lavoro, a quota 20 metri circa. Ma si trattava solo di una esile vena, per cui si è dovuto scavare altri 20 metri ancora prima di rinvenirne un filone più consistente, e comunque inferiore alle previsioni. Il pozzo (metri 1,70 di diametro per 42 di profondità), iniziato il 12 agosto 1958, è stato completato nei primissimi anni sessanta, essendo guardiano il padre Eugenio Barbieri.

 

Nella seconda metà degli anni novanta e ai primi del duemila, si è cercato di restituire, alla villetta, la sua primitiva funzione, ridisegnando i riquadri ed i tondi delle aiuole, sostituendo la terra esistente e alquanto “inquinata” di residuati da costruzione con altra con caratteristiche fisiche e chimiche ideali per la coltivazione dei fiori - da destinare agli altari ecclesiali - e mantenendone l’equilibrio attraverso la rotazione e la differenziazione delle specie. Si sono riservati, poi, i due rettangoli più grandi per la semina del prezzemolo e del basilico, che, una volta formati, si offrivano con gioia francescana ai benefattori che ne facevano richiesta. Come piccolo-grande segno di gratitudine e di condivisione.

 

Alla testa della villetta, limitante con il pozzo, una vasca circolare con un bel zampillo d’acqua fresca e tanti pesciolini: due presenze rappresentative di un universo che perpetuano l’amore dei cappuccini, ereditato da san Francesco d’Assisi, verso il creato.

 

Padre Giuseppe Sinopoli

 

 NOTE

1.Tale deliberazione - riproponente all’unanimità la precedente dell’11 febbraio, respinta dal Prefetto con nota del 27 febbraio 1903, «perché fossero indicate le modalità ed il prezzo della concessione» - venne approvata, dopo essere stata pubblicata all’Albo Pretorio senza opposizione alcuna, dalla Giunta Provinciale Amministrativa in data 4 giugno 1903.

2 MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALE, Riposta al foglio del 05/06/2001 per i lavori di consolidamento a valle del Complesso conventuale, Cosenza 13 luglio 2001.

3.Questo il testo integrale: “Illustrissimo Signor Podestà. Chiaravalle Centrale. Il sottoscritto, in qualità di guardiano del locale convento del PP. CC., chiede alla S. V. Ill.ma il permesso di poter attaccare un tubo sulla condotta comunale che passa per la «Scesa Cappuccini» e trasportare l’acqua nei locali del convento. Con osservanza. Chiaravalle Centrale, 15 maggio 1929. P. Benedetto da Cannitello, Superiore Cappuccino» Il Podestà rispose apponendo sullo stesso foglio: «Visto. Si concede. Il Podestà, G. Staglianò”.

4.Oltre ai Fabiano padre e figlio, hanno lavorato i signori: Cortese Domenico e nipote, Cortese Francesco, Rauti Pietro, Adiliberto Saverio, Calabretta Domenico.