a cura di Padre Giuseppe Sinopoli |
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IL CONVENTO
L’anno di fondazione
L’origine del convento cappuccino di Chiaravalle Centrale non viene registrata da tutti nello stesso periodo storico.
Padre Giacomo da Soverato, guardiano del tempo, nella Relazione Innocenziana del 9 febbraio 1650, inviata ai Superiori Maggiori, su richiesta del Papa, data la fondazione del convento intorno all’anno 1576. In tale Relazione, riportata dal padre Giombattista da S. Lorenzo1 si legge testualmente: «Fu fondato il convento col consenso dell’Ordinario l’anno 1576 incirca, e ad istanza di quei popoli, e colle loro elemosine fabbricato ed eretto secondo la povera forma cappuccina». Gli farà eco più tardi negli Annali il Wadding2 Anche nel Lexicon Capuccinorum troviamo uguale datazione3.
Nel Manuale cronistorico dei cappuccini di Catanzaro (vedi ff. 11, 97 e 98)4 e negli Annali de’ Capitoli Generali e Provinciali e d’altre cose memorabili occorse negli anni medesimi, i cronisti riferiscono la data del 1594. Leggiamo al f. 5 degli Annali: «Nell’anno medesimo (1594) si fondò la fabbrica del convento di Chiaravalle, il di cui fondo fu dato dalla famiglia Tino, e fu preveduto5 profeticamente dal B. Francesco detto Zumpano»6. La medesima data è riportata anche dal Bullarium Ordinis FF. Minorum S. P. Francisci Capucinorum7, dagli Annali dell’Ordine dei frati Minori Cappuccini8, da padre Giovanni Fiore da Cropani9, da padre Giuseppe da Cardinale10, da padre Tommaso da Montenero11, da padre Giambattista Familiari da san Lorenzo12 e da Coco Primaldo13.
Padre Giuseppe Zuccalà, nella Cronaca Cappuccina, la colloca, invece, nell’anno 159714.
Alla luce delle fonti testimoniali di cui sopra, la fondazione del convento di Chiaravalle, da ritenersi storicamente la più attendibile e, quindi, «ufficiale» è quella indicata nel 1594, anno in cui si ottenne, presumibilmente, il riconoscimento giuridico. Per cui il 1576 è da considerarsi, forse, l’anno in cui si pose la prima pietra. La data di fondazione riferita dal padre Zuccalà potrebbe essere dovuta ad un errore di trascrizione, dovuta alla non facile interpretazione olografico-artistica ben corredata di ornamenti grafici personalissimi, oppure alla formazione ufficiale e relativo insediamento della fraternità.
Un convento importante
Il convento, situato nella diocesi di Catanzaro-Squillace, è stato e rimane uno tra i più importanti della provincia monastica cappuccina15.
La sua pittoresca posizione su una collinetta, appena staccata dal centro abitato, apre una suggestiva finestra panoramica sull’ampia verdeggiante vallata che si distende fino al vicino mare Jonio e rende davvero piacevole e salubre il soggiorno soprattutto estivo.
Esso è stato costruito con la massiccia partecipazione del popolo, ognuno secondo le sue possibilità: i ricchi con le offerte e le donazioni, i poveri con la mano d’opera gratuita.
Al tempo della sua erezione canonica contava 17 piccole, semplici e austere celle, le cui porte si affacciavano su un corridoio avente per soffitto la copertura dello stabile. La muratura maestra, dello spessore di cm 85, è stata realizzata in calce e pietra. La pianta originariamente si riteneva fosse a forma di quadrilatero, ed invece da una mappa primitiva risultava essere stata simile ad una “U”, con l’asta destra leggermente più corta. Successivamente, e cioè nel 1886, la “U” è stata allungata e completata da formare un quadrilatero.
All’interno di esso si può scorgere ancora oggi un chiostro con al centro una grande cisterna per la raccolta delle acque piovane che i frati utilizzavano per le varie necessità. Con l’allaccio della rete idrica (1929)16, la cisterna perse la sua tradizionale funzione, e così qualche frate pensò di trasformarla in vasca di allevamento ittico, e specificamente di anguille e capitoni.
La chiesetta occupava il lato sud del quadrilatero. Era dedicata a san Francesco di Assisi. Originariamente si presentava con due navate a volta, di cui una centrale, più ampia e più lunga; ed una laterale, a sinistra entrando, più stretta e più corta; mentre alla sua destra, esiste ancora il corridoio conventuale, attraverso il quale i frati accedevano al tempio (a tutt’oggi vi è traccia della porta di tale ingresso riservato). La sacrestia e il lavatoio17, invece, erano ubicati a sinistra della chiesetta, dalla parte del Sancta sanctorum.
Con i lavori di restauro dell’inizio del secolo trascorso, la sacrestia è stata spostata alla fine del corridoio fiancheggiante la Chiesa. Recentemente é stata ingrandita, arricchita di alcuni significativi dipinti ad olio su tela e corredata di un confortevole disimpegno con servizio sanitario.
E così il complesso conventuale che all’origine emergeva da un “luogo aperto e fuor di strada - circondato la maggior parte de mura et il restante di siepe, benché da una parte dell’horto sia contiguo colla via publica, dall’altre parti limita colle possessioni di Marc’Antonio Stagliano’ e Carlo Gratta e degli eredi del quondam Cornelio Gimelli; distante da 300 passi in circa dalla detta terra di Chiaravalle, quale è parte aperta e parte circondata di mura”18 – conserva a tutt’oggi intatto il fascino della sobrietà e della beata solitudo, suscitando quasi un naturale impulso di abbandonare la fatica stressante del mondo e ritirarsi nella sua oasi di pace e di ristoro e cantare, insieme ai frati, le meraviglie di Dio.
Gli Ospizi
Sul finire del Seicento, il convento estendeva la sua giurisdizione già su tre ospizi, ubicati rispettivamente nei paesi di Torre di Ruggero, Petrizzi e Soverato, poi alienati con la soppressione napoleonica. Ripristinati i suddetti ospizi dopo la soppressione sancita dal Governo italiano, si pensò di allargare ulteriormente la presenza cappuccina istituendo altri quattro ospizi: ad Olivadi, ad Argusto, a Gagliato e a San Vito sullo Jonio, senz’altro il più importante del distretto conventuale.
Gli ospizi in realtà non erano che «piccoli conventi periferici» su cui il frate questuante19 poteva contare come punto di riferimento importante nei giorni in cui chiedeva la carità20 alla gente dei paesi appartenenti al distretto del convento i cui limiti erano tracciati da Girifalco, Squillace, Montecucco, Fabrizia e Siderno.
Ma essi costituivano anche un’oasi spirituale, dove il frate questuante si ritrovava con Dio e con i fratelli osservando gli stessi tempi di preghiera che si osservavano nel convento, e dove trovavano francescana ospitalità i padri che si recavano nei paesi distrettuali per il ministero pastorale, quando non potevano far rientro in sede nella medesima giornata.
Oggi non esiste alcun ospizio. L’ultimo ad essere venduto, corredato successivamente anche da una bellissima cappella, è stato quello di San Vito sullo Jonio.
Le soppressioni e il riscatto
Il convento è stato vittima, come si è detto sopra, di due soppressioni: quella napoleonica e quella ordinata dal governo italiano.
Dopo la prima soppressione (1811) si dovette aspettare fino al 2 marzo del 184621 per sentire nuovamente la campana della Chiesetta chiamare i frati cappuccini al canto pregato diurno e notturno dei Salmi e della Parola di Dio. «Nel 1846 - racconta il padre Emmanuele da Messina - si riaprì il convento di Chiaravalle - Claravallis - paese della diocesi di Squillace. Soppresso come gli altri, i frati furono obbligati a partire, rimanendo Rettore il padre Domenico da Badolato. Contava questo tre ospizi pei suoi cercatori, uno nel paese di Petrizzi, un altro nel paese di Soverato, il 3° nel paese di Torre»22. Ma nel 1866 i frati - in tutto dieci padri, un fratello laico e diversi terziari - furono nuovamente costretti a lasciare i luoghi benedetti, rimanendo però nei dintorni, pronti a riprenderne dimora non appena fosse stata loro offerta qualche possibilità. Questa si presentò il 21 settembre 1879. Ecco come la notificava il padre Carmelo Concetto da Sitizzano, guardiano, il 19 giugno 1880 all’allora Ministro Provinciale, padre Daniele da Cardinale:
«Nel p. anno il R. P. Modesto Concetto da Chiaravalle, quando seppe che dovevasi mettere al pubblico incanto il fabbricato e l’orto di questo n. luogo, pensò di procurarne la compra a vantaggio della n. Madre Provincia di Reggio-Catanzaro, e quindi scrisse al n. Rev.mo P. Daniele per aver da Roma le necessarie facoltà: e la risposta ci fu ché facesse pur di tutto per tal compra, sostenendo le prime spese; e ché in appresso non mancherebbero certo nuovi ajuti. A tal modo preso maggior coraggio il sullodato P. da Chiaravalle, come Vincenzo Fera (suo nome del secolo), concorse all’asta tenutasi in quest’Uffizio di Registro il 21 settembre 1879 ed ottenne che a sé venisse aggiudicato il lotto I dell’elenco 127, vale a dire il convento e l’orto degli ex Cappuccini di Chiaravalle, per la somma totale di lire 7.000 (settemila) pagabili in dieci rate annuali, coll’aggiunta del rispettivo interesse del 5 per 100, e pagando allora allora la prima rata: come egli fece. E qui si noti bene, che non potendo sborsar subito l’intera somma di 7.000 lire, come sopra, si vengono a pagare poi alla fine non già 7.000, ma 10.000, calcolando tutte insieme le dieci rate annuali coi rispettivi interessi del 5 per 100».
Il 4 febbraio 1880 l’Intendenza di Finanza della Provincia con apposita nota autorizzava il sig. Magrassi Michele, ricevitore del Registro, a dare al sig. Fera Vincenzo il possesso provvisorio del suddetto soppresso lotto, divenendo, questa, esecutiva il 10 febbraio con stesura di regolare verbale e relativa sua registrazione a Chiaravalle Centrale in data 12 febbraio 1880, vol. 8 del mod. 2. Questa nota veniva approvata con Decreto Ministeriale il 27 aprile dello stesso anno.
Il possesso definitivo, sempre dietro autorizzazione dell’Intendenza di Finanza, fu concesso al già citato Vincenzo Fera il 6 luglio, registrandone relativo verbale in data 9 luglio 1880, nel vol. 8 del mod. 2, n. del Reg. 48.
«[...] Non appena (i frati) - continua il padre Carmelo Concetto da Sitizzano - furono sicuri che il convento stava a disposizione delle nostre Superiorità, e non più del Municipio del luogo, subito si reputarono felici a lasciare di bel nuovo le loro case, e restituironsi nel sacro chiostro, senza spaventarsi di tutte quelle privazioni e sofferenze cui ben prevedevano dover soggiacere, inabitando un convento sprovvisto di tutto, e mancante per fino di porte e finestre...».
Al riscatto del convento concorsero inizialmente i seguenti frati: padre Modesto da Chiaravalle Lire 700,00 padre Bernardo da Torre “ 100,00 fra Francesco da Chiaravalle “ 574,50 padre Anselmo da Chiaravalle “ 100,00 padre Nicola da Cerrisi “ 025,00 nn. “ 190,00 padre Antonio da Curinga “ 010,00 fra Giovambattista da Magisano “ 020,00 fra Angelo da Tiriolo “ 005,00 fra Crispino da Maddalone “ 003,00 fra Felice da Curinga “ 005,00 fra Bernardo da Maddalone “ 005,00 fra Giacomo da Cicala “ 003,00.
Ad assicurare la soluzione delle restanti nove rate annuali, la fraternità locale s’impegnò a racimolare lire 400.00, mettendo da parte alcune applicazioni libere delle ss. Messe, le offerte della predicazione e metà della pensione, destinando l’altra metà al fabbisogno quotidiano della famiglia religiosa e al restauro dello stesso convento, «devastato per tanti anni dai vandali distruttori»23; le rimanenti 300.00 lire dovevano essere garantite dai frati degli altri conventi della Provincia, fugando in tal modo il pericolo di dover vendere una porzione dell’orto. E così avvenne.
Sede di Noviziato
Intanto i Superiori Maggiori sceglievano, di nuovo, il convento di Chiaravalle Centrale come sede del Noviziato.
Il Noviziato era separato dall’ambiente in cui dimoravano i padri e i fratelli laici. Esso ospitava il Maestro, il vice Maestro e i Novizi. Disponeva di 12 celle e di una cappella.
Le celle, secondo la forma cappuccina, erano austere ed essenziali, senza nulla che potesse turbare l’intenso cammino formativo dei giovani. Secondo una pianta dello stabile, rinvenuta nell’Archivio Provinciale, all’origine avevano per cielo la copertura fatta di travi e tegole: si dovette attendere fino agli sgoccioli del secolo XIX per vederle corredate di soffitto autonomo, rendendole più intime e riservate. Quelle esterne misuravano cm 270x370; quelle interne, costruite sul versante del chiostro, erano di cm 240x280.
Anche le finestre, di legno di castagno, evidenziavano dimensioni e formati diversi: quelle rivolte verso l’esterno accusavano cm 80x115 circa; di quelle che si affacciavano sul chiostro, alcune erano di cm 60x100 e qualcuna, più legno e meno vetro, di cm 66x100.
Una sedia di vuda24 o di legno; un piccolo tavolo-scrittoio di cm 50x100x90, in legno di castagno; un incavo, nel muro maestro, mediamente di cm 23x50x28, avente funzione di custodia di qualche oggetto; un bacile con portabacile in legno o in ferro lavorato e una brocca per l’acqua e un pezzo di sapone di casa, preparato dai medesimi frati, ne costituivano l’arredo.
Il letto era composto da due piedistalli in ferro battuto o in legno sui quali poggiavano tre tavole che servivano come base al pagliericcio di crine o di spogghie ‘e ‘ndianu25. Il cuscino era allestito con lo stesso materiale del pagliericcio.
La porta della cella del Novizio evidenziava al centro un piccolo foro, della grandezza approssimativa di una moneta attuale di cento lire, attraverso il quale il Maestro poteva osservare, in qualsiasi momento del giorno o della notte, il comportamento del giovane; sopra di esso un quadretto in legno di forma rettangolare incorniciava una massima di spirito evangelico, altrimenti scritta direttamente sull’architrave della porta, a caratteri cubitali. Ciò serviva non solo per riconoscere la propria cella, non avendo essa alcun altro segno particolare, come, per esempio, un numero, ma anche per stimolare il giovane verso l’incarnazione di quella particolare gemma di perfezione.
La cappella, situata a sinistra del lato ovest, occupava, più o meno, lo spazio equivalente a due celle (mt 5,30x3,70). L’altare, semplice e senza alcuna pretesa artistica, era in legno. Al soffitto vi era collocata una tela, avente funzione di cielo, che ne limitava il campo, riparando dal freddo e favorendo, in tal modo, il clima di raccoglimento.
Qui i Novizi si raccoglievano in orazione soprattutto personale e per le altre pratiche di pietà in comune, mentre la celebrazione della Liturgia delle Ore veniva fatta insieme al resto della fraternità, in Coro. Anche di notte. Dal Coro si ascoltava pure la santa Messa, secondo le indicazioni espresse nel Regolamento preparato dalla stessa Curia Generale dei cappuccini.
Il nostro Noviziato, dietro richiesta del padre Gesualdo da Reggio Calabria, è stato eretto canonicamente il 3 luglio 1883, autorizzando in tal modo a ricevere i giovani che desideravano abbracciare la vita religiosa.
Il convento era stato luogo di Noviziato già nel passato. Infatti, nel 1611 un certo Domenico Tino bussò alle porte del convento per vestire i panni del Poverello di Assisi, assumendo il nome di fra Francesco da Chiaravalle. Vi morì, in concetto di santità, appena un anno dopo.
A distanza di un secolo e mezzo circa, esattamente nel 1783, uno dei Novizi era il giovane Giuseppe Antonio Pontieri, il futuro Ven. padre Antonio da Olivadi, a dimostrazione che questo venerabile cenobio fin dalle origini era diventato punto di riferimento significativo per la vita della Monastica Provincia cappuccina e, conseguentemente, dello stesso Ordine.
«Il quarto di seguito a quello del Noviziato»
Ma ben presto l’edificio si rivelò insufficiente ad accogliere tutte le richieste dei giovani aspiranti all’ideale francescano, per cui il padre Giuseppe da Cardinale, Ministro Provinciale, nel 1886 diede disposizioni che si concretizzasse, nel più breve tempo possibile, un progetto per l’ampliamento «del quarto di seguito a quello del Noviziato», portando il numero delle stanze da 17 a 47, compresi la Cappelletta, situata nella stanza n. 36, il guardaroba, la stanza dell’ortolano e del famulo26. E il 20 settembre dello stesso anno, ottenutone l’autorizzazione da parte della Chiesa e dell’Ordine, presenti i deputati fabbricieri, padre Giovambattista e padre Luigi, ambedue nativi di Cardinale, cominciarono i lavori.
Oltre alle stanze, furono creati, di sana pianta, la cucina, il refettorio, il locale per la biblioteca, che funzionava anche da aula scolastica e da parlatorio, la cannava o canova27; un locale per la conservazione del legname, e, davanti al portone d’ingresso, il porticato con tre archi sui quali s’ergeva l’attuale calvario.
Nell’anno 1896 si perfezionarono il parlatorio e l’installazione del cancello alla testa del corridoio del piano terra (lato portineria) come limite invalicabile, in modo particolare, per le donne, vigendo rigorosa clausura in tutti gli ambienti, compresi la sacrestia28 e l’orto. E onde evitare equivoci, le disposizioni dei Superiori Maggiori imponevano l’esposizione di un vistoso cartello con su scritta, a lettere maiuscole, la parola Clausura. Per visitare alcuni luoghi comuni del convento occorreva la dispensa da parte della S. Congregatio Episcoporum et Regularium e del padre Generale.
All’epoca la Comunità religiosa di Chiaravalle Centrale contava già 23 frati, di cui 8 Novizi e 11 professetti29.
Dal 20 giugno al 10 novembre 1898 sono state costruite, sul lato nord-ovest della nuova fabbrica, la loggia e le macerie30 nel giardino; e completati la stalla, il pollaio e il pagliaio. Tutto questo mentre era guardiano il padre Luigi da Cardinale, in seguito a ripetute sollecitazioni del padre Bernardo da Petrizzi, Commissario Provinciale, e per la somma complessiva di lire 771,05.
Nell’autunno del 1899, trasferito il Noviziato nel convento di Fiumara di Muro, veniva impiantato lo studio di letteratura con il seguente organico: padre Commissario Generale, Bernardo da Petrizzi; padre Luigi da Cardinale, guardiano; padre Arcangelo da Rionero, vicario; padre Emanuele da Cardinale; padre Bernardo da Ciminà, precettore; padre Modesto da Chiaravalle; padre Egidio da Monterosso; 10 studenti e 7 fratelli. In tutto 24 frati.
Nel 1915 il Noviziato tornò nuovamente fra le mura cappuccine di Chiaravalle Centrale, avendo come Maestro il padre Rosario da Rionero e come vice il padre Benedetto da Cannitello.
Il 18 ottobre 1921 a Piedigrotta31, i provinciali di Bari, Foggia, Salerno, Cosenza e Reggio Calabria, accompagnati da un proprio definitore, presente il Ministro Generale, padre Giuseppe Antonio da Persiceto, elessero le province di Bari e Foggia a sede ginnasiale, filosofica e teologica per «dare una più propria e completa formazione religioso-scientifica ai nostri giovani»32. Questa deliberazione ha significato per il nostro convento il trasferimento dello studentato.
Poco più di un anno dopo, il Ministro Generale e suo Definitorio, a seguito della relazione della visita pastorale effettuata alla nostra provincia monastica dal padre Ignazio da Seggiano (gennaio 1923), rilevando un ritardo dello «sviluppo ordinato, morale e disciplinare» e «la evidente sproporzione tra il numero dei conventi e quello dei religiosi che è la prima causa che ostacola il perfetto funzionamento della vita regolare», ordinavano, tra l’altro, che:
«1) Nell’intento di formare Comunità perfettamente canoniche e per richiamare ai principi di vera osservanza regolare i Religiosi di codesta Provincia, facciamo obblighi ai Superiori di non aprire altri conventi, e di studiare i mezzi più convenienti per abbandonare, presi i dovuti permessi, qualcuno dei tanti Ospizi, ove i Religiosi non sono in grado di menare vita perfettamente regolare.
2) Finché la Provincia non potrà disporre di soggetti idonei in numero sufficiente, per la formazione morale e culturale dei giovani, questi siano inviati ad altre Provincie fiorenti, ove possono compire regolarmente il Noviziato e gli studi»33.
Sede di Studio Interprovinciale34
Era davvero triste vedere un bellissimo e attrezzato complesso come il nostro convento privato, in una manciata di anni, sia del Noviziato che dello studentato. Si fece di tutto perché Roma potesse ritornare sui suoi passi, ma senza successo, almeno fino a che non vi fossero stati concreti segnali di ripresa.
Qualche mese più tardi, però, fu lo stesso padre Generale ad invitare i Ministri Provinciali della federazione del sud (Bari, Salerno, Foggia, Cosenza e Reggio Calabria) a trovare insieme una soluzione ideale per i giovani studenti.
Essi si dettero convegno a Foggia il 20 settembre 1923 e dopo «viva e calorosa discussione si pensò di mettere lo studio di filosofia a Francavilla Fontana (Provincia di Lecce), quello di teologia a Montefusco (Prov. di Foggia). Non rimanevano che i Neo-professi, i quali essendo in numero di 32 non si sapeva dove collocarli. Il Presidente (padre Pietro da Ischitella, Ministro Provinciale di Foggia) allora pensò di inviare un telegramma a Chiaravalle Centrale per sapere il numero delle celle libere e si ebbe una risposta a firma del P. Basilio da Cicala e di P. Carmelo da Filandari, che esse erano nientemeno 45. Come si seppe il numero preciso dissero: è l’unico convento dove possiamo collocarli, non avendone altri con stanze così sufficienti, perché i nostri vecchi fabbricarono sempre conventi con 20 o 22 stanze, da collocare piccole famiglie canoniche»35.
Sei giorni dopo giungeva compiaciuta l’approvazione del padre Generale36. Ed ecco convenire qui nel convento di Chiaravalle Centrale ben 7 sacerdoti, 31 studenti e 6 fratelli laici. In tutto 44! Un numero mai raggiunto nel passato, fino ai nostri giorni. E pensare che per molto tempo la famiglia religiosa si era ridotta ad appena 2 sacerdoti: si può immaginare in quale degrado fossero caduti ambienti così vasti per la cui manutenzione non potevano certo bastare le entrate giornaliere, sufficienti appena a sfamare i frati e l’immancabile gruppetto di poveri che bussava alla porta della carità conventuale. Si è dovuto perciò pensare subito a renderli nuovamente accoglienti sia nelle strutture che nell’arredo.
Sede del Collegio «Ven. P. Gesualdo da Reggio Calabria»
La collaborazione con le province della federazione, purtroppo, durò solo fino al 15 dicembre 1924. Le motivazioni dello scioglimento furono due: la difficoltà di adattamento di alcuni frati e la rigidità della temperatura37.
Non rimase ai Superiori Maggiori altra scelta che istituire (1926) presso il nostro convento, nei luoghi del Noviziato, il Collegio Serafico, il quale venne - nella Congregazione Definitoriale tenuta a Chiaravalle Centrale il 16 agosto del 1929 - «decorato del titolo glorioso Ven. P. Gesualdo da Reggio Calabria»38 con l’auspicio che esso prosperasse sempre più. Il Collegio, anche se con fasi alterne, si protrasse fino al 1963.
I grandi restauri del padre Benedetto da Cannitello
Molte volte il convento è stato oggetto di ordinaria manutenzione. Più trascorrevano gli anni e più il fabbricato diventava fragile, ma sono state soprattutto le grandi calamità naturali a renderlo sempre più insicuro, tanto da costringere il padre Benedetto da Cannitello, guardiano, a effettuare, tra il 1926 e il 1930, diversi e radicali interventi, tra i quali si menzionano: A) Al piano terra: - riparazione del portone d’ingresso; - ricostruzione, con canne e gesso, del soffitto di tutti i corridoi e loro pavimentazione con mattoni di cemento; - restauro del refettorio dei padri con decorazioni e pavimentazione in legno; - restauro del refettorio grande con pavimento in cemento e completo rifacimento del soffitto in perline, sostenuto da una colonna di ferro e pitturato dai fratelli Ceravolo, delle mense e dei sedili con le rispettive spalliere; - rimodernamento della cucina; - abbellimento con archi e gesso del muro del corridoio della cisterna e della portineria che menava alla sagrestia; - rifacimento in cemento del pavimento della scuola e rafforzamento del soffitto con una trave di ferro; - arredamento dell’aula scolastica con dodici banchi, una predella, due lavagne e tre carte geografiche nuove; - restauro della biblioteca con porte e finestre nuove, soffitto di perline con una trave di ferro per sostegno, quattro scaffali grandi, di cui uno regalato dal padre Guglielmo, e tanti libri nuovi donati da religiosi, benefattori o acquistati dalla Comunità. Una scrivania rotonda è stata offerta da Faga Vito di San Vito sullo Jonio; - allestimento di un parlatorio per ricevere i parenti dei collegiali.
B) Al piano superiore: - rimessa a nuovo del pavimento del convento con mattoni di cemento; - restauro del collegio: 28 finestre nuove; soffitto al camerone; pavimentazione in cemento delle celle; due porte grandi; tre finestroni; tre tavolini di ciliegio e sette di abete; dieci comodini; - riduzione da cinque a quattro stanze nel quarto di sinistra che porta al Coro, con pavimentazione in cemento, e rifacimento, ex novo, di porte e finestre in legno; - allestimento di una stanza di ricevimento e abbellimento della stanza del Provinciale; - abbattimento dei quattro barbacani, che sostenevano il quarto vecchio (lato sud) e conseguente costruzione del nuovo muro di sostegno. Detti lavori furono eseguiti dai mastri di San Vito: Domenico Doria, Francesco Catricalà, Giuseppe Macro, Vito Lamberti e Vito Faga; e dai manovali: Vito Montagnino, Vito Piacenti, Giorgio Ceravolo, Aiello (piccolo), Aiello (grande). Hanno prestato la loro opera anche i chiaravallesi nelle persone dei sigg.: Vincenzo Porro, Nicola Mariachiara, Pietro Bumbalà, Antonio Sanzo, Francesco Santoro. Alla direzione dei lavori era l’ing. Giuseppe Menichini.
C) Sul piazzale adiacente la Chiesa (lato sud): - costruzione, ex novo, delle fornaci per la lavorazione dei pignateddhi39 addossate al muro della Chiesa: una provvidenziale fonte di sostentamento per i frati ed i numerosi poveri, che quotidianamente bussavano alla porta del convento per un pezzo di pane o per un piatto di minestra, servita nel loro refettorio, detto, appunto, refettorio dei poveri, situato di fronte al portone d’ingresso. L’8 maggio 1930 Cosentino Michele, Doria Giuseppe e Gregorio Salomone, ambedue di S. Vito sullo Jonio e Capo d’arte, su incarico del padre Benedetto da Cannitello, effettuarono una perizia «per determinare se i pilastri addossati ad un tratto del muro a sud del convento fossero necessari per la stabilità del muro stesso» e giunsero alla conclusione che sarebbe stato meglio abbattere i pilasti sia per motivi estetici e sia per evitare infiltrazioni d’acqua e costruire un muro «per evitare qualche possibile movimento del terreno».
Nuovamente sede di Noviziato Interprovinciale
Il convento, rinnovato in tutti gli ambienti e reso più bello all’esterno, era pronto a ri-accogliere il Noviziato Interprovinciale di Reggio Calabria-Catanzaro, Cosenza e Salerno dal 1° ottobre 1932 al 1944 e poi dal 1949 al 1957, anno in cui il Ministro Generale, Rev.mo padre Benigno da S. Ilario Milanese, comunicava al padre Giustino da S. Fele, Commissario Provinciale, che il Definitorio Generale aveva concesso «la licenza di mandare i Novizi nella Monastica Provincia di Messina», chiudendo temporaneamente, senza sopprimerlo, il Noviziato di Chiaravalle Centrale. Trasferiti i Novizi, il Definitorio Provinciale nella Congregazione del 20 gennaio 1960, tenuta nel convento di Catanzaro, stabilì di ospitarvi i fratini del Seminario Serafico che dovevano frequentare il III, IV e V ginnasio. Tra l’equipe del collegio dei docenti figurava anche il prof. Orlando Squillace di Chiaravalle Centrale, terziario francescano, in qualità di insegnante di matematica.
Intanto, a sud, nel 1962 si realizzava, dietro interessamento del padre Eugenio Barbieri da Davoli, al posto di un complesso di strutture comprendenti la legnaia, il forno, la porcilaia, una casa colonica sovrastata da un confortevole e panoramico terrazzino, sul quale i frati amavano intrattenersi nelle ore di ricreazione, ritemprandosi nel corpo e nello spirito. La casa colonica - costruita dalla ditta Graziano Candiloro su progetto del geometra Franco Nocita - constava di due vani con servizi igienici corredati di relativo impianto idrico ed elettrico.
Nello stesso periodo, i lucernari dei muri est-sud vennero allargati fino a raggiungere le dimensioni degli attuali finestroni, che, oltre ad aumentare spettro di luminosità, conferivano ai rispettivi corridoi una linea architettonica più piacevole.
Nell’agosto del 1968 si completavano i lavori di cementazione della piazzetta antistante la sala dell’Ordine Francescano Secolare e del tratto di strada che si allacciava a quella già cementata durante la guardiania del padre Eugenio Barbieri da Davoli (giugno 1961).
La ristrutturazione dell’ala nord e del Noviziato
Il 19 agosto 1974, previa approvazione del Definitorio Provinciale, il padre Consolato Francesco Grilletto, guardiano, dava inizio alla fabbrica per il rifacimento di una parte dell’ala sud del convento. «La necessità di demolire tutto - si legge nel libro della cronaca a firma del suddetto padre - eccetto le pareti esterne, era palese a chiunque camminasse nel corridoio, perché traballava e minacciava di crollare da un momento all’altro. Così abbiamo preso il coraggio a due mani e sulle vecchie macerie abbiamo fatto ex novo le solette con putrelle, tavelloni e cemento armato. Dopo di ciò saranno rifatte le celle e tutto in stile moderno e con criteri di funzionalità. Do atto al M. R. P. Remigio Le Pera - aggiunge il cronista - di aver preso a cuore questa costruzione, di averci aiutato con diversi milioni e di averci incoraggiato nell’opera intrapresa. Ringrazio anche la fraternità che, senza lamentarsi, ha dovuto rinunziare a comodità, affrontando alloggiamenti di fortuna in luoghi non ospitali tra acqua, freddo e disagi»40.
I lavori, eseguiti dalla ditta di Francesco Fabiano di Chiaravalle Centrale su progetto e direzione dell’ing. Guido Saracco di Catanzaro, furono ultimati nel settembre del 1975.
Il 18 agosto 1980, avuto il consenso del Ministro Provinciale, padre Bernardino Gualtieri da Davoli, e suo Definitorio, il guardiano, padre Giuseppe Sinopoli, ha ripreso la ristrutturazione (su progetto già esistente) della medesima ala nella parte restante (antico convento), servendosi della ditta di Giuseppe Rauti di Chiaravalle Centrale, procedendo infine alla pitturazione dell’intera facciata. I lavori sono stati sovvenzionati, nella quasi totalità, dalla Provincia Monastica.
Il convento accoglie la Comunità Incontro di don Gelmini
Rimanevano da ristrutturare gli altri due lati ovest-nord del Noviziato, ma la fraternità non disponeva dei mezzi necessari. D’altra parte sarebbe stato un vero peccato lasciarli ancora inutilizzati e in progressivo deterioramento. Per cui si è pensato di fecondarli di carità operativa, offrendoli a don Pierino Gelmini, segretario generale della «Comunità Incontro», per il recupero dei giovani tossicodipendenti. E il 16 giugno 1988 la Provincia di Calabria dei frati Minori Cappuccini, in persona del rappresentante legale, padre Eugenio Barbieri, e don Gelmini firmavano il comodato, concedendo a quest’ultimo l’immobile individuato nel N.C.E.U. del comune di Chiaravalle Centrale, partita 188, foglio 34, particella 8, subalterni 2, 3, 4, 5; il terreno circostante ed il piazzale restavano di uso comune. La concessione è stata fatta a titolo gratuito e per sei anni.
Subito si è dato inizio alla ristrutturazione, adattandola alle esigenze della nuova destinazione. In pratica è stata conservata solo la muratura esterna sia al piano superiore che al piano terra. Le celle sono state ridotte notevolmente di numero, e al posto della cappella è stato collocato il laboratorio. Al piano terra, la sacrestia è stata adibita a refettorio, e la cantina a cucina e a luogo ricreativo; l’antico focone, al quale i frati prima di andare a letto si riscaldavano, è stato rimpiazzato da uno più piccolo ma conservando la stessa struttura. I lavori sono stati eseguiti dalla ditta di Giuseppe Rauti di Chiaravalle Centrale.
«Giorno 3 giugno 1989 don Pierino Gelmini e il ministro provinciale, f. Giorgio Andolfi, hanno confermato la stipula della convenzione ridisegnando i confini tra l’abitazione degli ospiti della “Comunità Incontro” e la fraternità cappuccina di Chiaravalle al fine di permettere un autonomo accesso al Coro e al campanile. Pertanto si è convenuto quanto segue: «In riferimento all’art. 12 si prolunga il comodato a dieci anni (cioè fino al 30.06.1998), facendosi carico la “Comunità Incontro” di tutti i lavori eseguiti sino alla data odierna anche per la parte di convento da essa non abitata»41.
(continua) Padre Giuseppe Sinopoli
NOTE 1 GIAMBATTISTA (P.) DA S. LORENZO, Relazione dello stato dei conventi dei FF. Minori Cappuccini della Provincia di Reggio fatta l’anno 1650 con mie appendici, raccolti da altri documenti dell’Archivio Generale, Archivio Provinciale, Catanzaro, f. 9; cfr. REMIGIO A. LE PERA, I Cappuccini in Calabria e i loro 85 conventi, Chiaravalle Centrale 19822, p. 155. 2 Cfr. LUCA WADDING, Annales Ordinis FF. Minorum, Romae, t. XXI, ad. an. 1576, Florentiae 19313, 69; FORTUNATO SECURI, Memorie storiche sulla Provincia dei Cappuccini di Reggio di Calabria, Reggio Calabria 1885, p. 4. 3 Lexicon Capuccinorum, Bibliotheca Collegii Internationalis s. Laurentii a B., Romae 1951, p. 395. 4 Detto Manuale cronistorico è stato composto a partire dalla seconda metà del seicento e comprende, sia pure in sintesi e non sempre in continua successione temporale, l’arco di tempo che va dal 1532 al 1799. Esso evidenzia espressioni grafologiche diverse a dimostrazione che è stato composto da più frati cronisti, di cui il primo è stato il padre Vincenzo da Catanzaro, molto attento agli eventi storici, il quale, oltre ad un qualificato ministero della Parola di Dio, svolse con competenza e creatività i vari servizi affidatigli dai confratelli; un saggio il cronista dell’epoca lo offre nel periodo della sua guardiania a Catanzaro con un nutrito elenco di opere da lui realizzate (Cfr. Manuale cronistorico dal 1613 al 1799, manoscritto, Archivio Provinciale, Catanzaro, ff. 158ss). E’ stato pure Ministro Provinciale dal 1676 al 1680. Ritornò alla casa del padre il 7 novembre del 1690. 5 Previsto. 6 Da Soverato. Agostiniano. 7 Cfr. MICHAEL A TUGIO, Bullarium ordiniis Fratrum Minorum S P. Francisci Capucinorum, III, Romae 1745, p. 312 8 Cfr. PELLEGRINO (P.) DA FORLI’, Annali dell’Ordine dei frati Minori Cappuccini, vol. I, Milano 1872, p. 478. 9 Cfr. GIOVANNI FIORE, Della Calabria Illustrata, t. II, Napoli, 1691-1743, p. 414. 10 Cfr. GIUSEPPE (P.) DA CARDINALE, Relazione del 1885, manoscritto, Archivio Provinciale, Catanzaro, f. 18. 11 Descriptio localis et personalis Ordini Fratrum Minorum s. Francisci Capuccinorum a Rev.mo P. Pacifico a Sejano Ministro Generali indicta - Provincia Rhegina, Cathacii 1° Martii 1912, manoscritto, Archivio Provinciale, f. 3. 12 Cfr. GIAMBATTISTA (P.) DA s. LORENZO, Relazione..., f. 6. 13 Cfr. COCO PRIMALDO, Saggio di Storia Francescana in Calabria, Taranto 1931, p. 144. 14 Cfr. GIUSEPPE ZUCCALA’, Cronaca Cappuccina, “data dall’Autore per la libreria di Nicastro delli PP. Cappuccini nell’anno 1739”, f. 71; FORTUNATO SECURI, Memorie storiche sulla Provincia dei Cappuccini di Calabria... 1885, p. 40. 15 Gli altri conventi di primo piano sono quelli di Reggio Calabria (1533) e di Lamezia Terme, alias Nicastro, (1545). 16 L’impianto dell’acqua è stato messo in opera nei mesi di novembre e dicembre del 1929 con tubi da ¾” di ferro zincato, partendo dalla casa di Polerà Raffaele alla porta d’ingresso a sud del convento. Il progettino è stato elaborato dall’Ing. Giuseppe Menichini e realizzato dai signori Carro sanzo, Catricalà Domenico, Donato Antonio, Nocita Luigi, Daniele Giuseppe, Scolieri Antonio, Celi Simone, Paonessa Vincenzo, Macrì Fiorina, Lombarto Elisabetta. Il costo dell’intera opera è stato di lire 12.288,95. 17 Lavabo o lavamano, per lo più in pietra o in marmo, infisso al muro della sacrestia dove il sacerdote, prima e dopo le azioni liturgiche, si lavava le mani. 18 MARIANO D’ALATRI, I Conventi Cappuccini nella Relazione del 1650. III. L’Italia Meridionale ed Insulare, Provincia di Reggio Calabria, (Monumento Historica Ordinis Minorum Capucinorum, 17), Roma 1985, pp. 248-249; cfr. Appendice. 19 Un’ordinazione del Definitorio Provinciale nella riunione del 20-22 dicembre 1919 stabiliva che: «i frati questuanti, i quali stanno negli ospizi, vadano ogni sera di sabato o vigilia di festa nei loro conventi e facciano ritorno nei loro ospizi il lunedì o il giorno seguente alla festa» (Atti più salienti..., . 132). 20 Il frate questuava di tutto: pane, olio, grasso, cereali... e tutto raccoglieva nell’ospizio. Ogni sabato, poi, un fratello laico, mandato dal padre guardiano, con un carretto ritirava la provvidenza e la portava in convento per il fabbisogno della comunità e dei poveri. 21 Il decreto, n. 10011, che consentiva la riapertura del convento diceva testualmente: «Accordiamo il nostro beneplacito perché nel comune di Chiaravalle, provincia di Calabria ulteriore seconda, sia ripristinato, uniformemente al parere della Commissione esecutrice del Concordato, il soppresso convento dei cappuccini, ora che quel locale e orto adiacente sono disponibili per la soppressione del monistero delle perpetue adoratrici in Squillace, cui erano stati assegnati» (UMBERTO CALDORA, Calabria Napoleonica, Napoli 1960, p. 217). 22 EMANUELE (P.) DA MESSINA, Notizie riguardanti la Provincia dei PP. Cappuccini di Reggio Calabria, richieste dal rev.mo p. Generale Venanzio da Torino - Chiaravalle Centrale 1852, manoscritto, Archivio Provinciale, f. 10. 23 CARMELO CONCETTO (P.) DA SITIZZANO, Lettera del Molto Rev. Provinciale, Chiaravalle Centrale 19.6.1880, Archivio Provinciale, f. 6. 24 Iuta. 25 Foglie di pannocchie. 26 Si trattava di un certo signor Domenico Cerminara, factotum. 27 Una stanza dove si teneva tutto l’occorrente per la cucina e il refettorio (cfr.ANSELMO M. (P.) DA MONTELEONE, Inventario..., ff. 39-41). 28 La clausura della sacrestia è stata tolta con decreto dal padre Alfonso Di Bartolo, Ministro Provinciale, il 24 febbraio 1970. 29 Erano i frati che avevano emesso la professione temporanea dei voti di obbedienza, castità e povertà. 30 Le vasche dove veniva raccolto lo stabbio che sarebbe poi stato utilizzato come concime del giardino. 31 A questa riunione rifiutarono di partecipare il padre Provinciale di Napoli e il suo Definitorio, volendo fare da soli (Cfr. Atti più salienti..., f. 151). 32 Cfr. Convenzione, art. 2°, Napoli 1921, Archivio Provinciale. 33 MELCHIORRE (P.) DA BENISA, Lettera, Roma 23 marzo 1923, Archivio Provinciale. 34 Il termine interprovinciale è riferito alle Province monastiche; a livello civico si direbbe Interregionale. 35 Atti più salienti..., f. 199. 36 Lettera di approvazione del Rev.mo padre Generale, Roma 26 settembre 1923, in Atti più salienti..., ff. 196-197. 37 Cfr. RAFFAELE (P.) DA RIONERO IN VULTURE, Circolare, Catanzaro 10 febbraio 1925, Archivio Provinciale, f. 4. 38 Verbale (1°) 1929 in Repertorio degli Atti Ufficiali dall’anno 1926, Archivio Provinciale, Catanzaro. Al governo della Provincia, per il triennio 1929-1932, erano stati eletti il padre Rosario da Rionero in Vulture, Commissario Provinciale (confermato per la terza volta); padre Innocenzo Maria da Cittanova, 1° Assistente; padre Benedetto da Cannitello, 2° Assistente. 39 Nel periodo dell’uccisione dei maiali, il frate questuante dava alle famiglie due “pignateddhi”, in creta, estraendoli dalla bisaccia: di essi, uno veniva trattenuto e l’altro veniva restituito pieno di “strutto”, cioè di grasso, che i frati, a loro volta, o offrivano in carità o vendevano. Uno dei maggiori acquirenti è stato il sanatorio di Chiaravalle Centrale, oggi Casa per anziani. 40 Libro Cronaca del convento di Chiaravalle Centrale 1962-1986, f. 82. 41 Perfezionamento e conferma del Comodato con la “Comunità Incontro” in Contratto di comodato tra Provincia di Calabria dei Frati Minori Cappuccini e Comunità Incontro di don Pierino Gelmini, Chiaravalle Centrale 16 giugno 1988.
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