a cura di Padre Giuseppe Sinopoli

 

 

 Manifesto

                                                                                                                                                                             Saluto e introduzione

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IL DISCORSO DEL SINDACO DI CHIARAVALLE CENTRALE

 

 

Reverendissimo padre Vicario Generale, Reverendo padre Provinciale, Reverendo padre Guardiano e Confratelli, Autorità religiose, civili e militari, Cittadini di Chiaravalle Centrale e di tutti i Paesi del comprensorio: vi porgo a nome mio personale e dei miei colleghi Sindaci di Cardinale, Torre di Ruggiero, Argusto, Gagliato, Petrizzi, Centrache, Olivadi, Cenadi e San Vito sullo Jonio, il mio più cordiale benvenuto nella nostra terra.

Quello che stiamo celebrando oggi è un avvenimento veramente storico, che si aggiunge a quello vissuto con tanta emozione il 26 novembre ultimo scorso in occasione della riapertura al culto di questa ultrasecolare e gloriosa chiesa cappuccina.

Siamo particolarmente felici e orgogliosi di questi momenti perché, oltre ad arricchire il nostro patrimonio storico, religioso e culturale, rivelano la splendida immagine dei nostri paesi e il vero volto delle nostre popolazioni.Il buon Dio ci ha donato un pezzo di terra veramente incantevole; una terra piena di verde, di sole e di acqua.L’ha donata per casa ad un popolo semplice, umile, laborioso e onesto. Qui - e sono convinto che anche Lei, Reverendissimo padre Antonio, se ne sia già accorto - chiunque viene scopre la sensazione di trovarsi a casa sua per l’alto senso di ospitalità, di amicizia e di generosità che ha sempre contraddistinto la nostra gente. Gente povera ma che sa offrire tutto quello che ha; gente umile ma  nobile; gente semplice ma profondamente buona. E se essa continua a conservare tali caratteristiche lo si deve anche ai suoi cari frati cappuccini, specie ai cari frati laici cercatori.

I frati laici erano per tutti noi di famiglia. Quando li vedevamo camminare a piedi scalzi o quando bussavano alle porte delle nostre case erano per noi una autentica lezione di vita. Da alcuni anni, purtroppo, non li vediamo più camminare lungo le nostre strade, non sentiamo più il canto della loro voce, né li vediamo bussare più alle nostre porte. Ed oggi ne avvertiamo fortemente la loro mancanza.

Giustamente padre Giuseppe scrive nel libro, fresco di stampa, «I frati questuanti del convento dei cappuccini negli ultimi 70 anni»: “Chi non ricorda e non avverte nostalgia della mitezza di fra Giuseppe, della bontà di fra Fortunato, della dolcezza di fra Bonaventura, del sorriso di frate Angelo, della letizia di fra Raimondo e dell’affabilità di fra Michele?

Chi non ricorda e non ha nostalgia di questi semplici e umili figli del Poverello di Assisi che per anni hanno percorso le strade dei nostri paesi e a cui le nostre famiglie hanno spalancato la porta di casa, offrendo loro un pò di pane, che poi essi distribuivano ai bambini ed ai poveri?

Le nostre borgate non si sentono ora, forse, orfane di un così evangelico esempio che tanta pace e tanto bene ha seminato, con un gesto affettuoso, una parola di conforto, un sorriso solidale, nel cuore di ogni persona, facendole gustare la gioia di essere amata e di amare?»

E’ vero, Reverendissimo padre Antonio, che - come afferma padre Giuseppe - «il buon esempio di questi umili fratelli suscitava l’ammirazione, provocava la riflessione, infondeva coraggio nelle situazioni delicate della vita, apriva il cuore alla comprensione, alla solidarietà e alla speranza e spingeva alla virtù.E questo perché l’esempio era e continua ad essere più credibile ed efficace della parola.

D’altra parte - continua il padre Giuseppe - i fratelli laici non erano uomini di lettere, ma sapevano ugualmente predicare il vangelo, edificando con il comportamento e con la parola, perché di tutto il corpo avevano fatto una lingua».

E’ esattamente quello di cui oggi più che mai noi abbiamo bisogno, in un mondo in cui il rumore delle parole ci stordisce e ci confonde, aprendo davanti ai nostri occhi scenari drammatici e pietosi. La società odierna, infatti, mancando di modelli di vita semplici, umili; modelli veri e sostanziosi, come quelli dei frati laici cercatori, sta andando verso la sua rovina. Con «la loro scomparsa - afferma a ragione padre Giuseppe - si è impoverito il convento ed è venuto a mancare un punto di riferimento importante per la gente del mondo e, quindi la scomparsa di un amico, di un fratello, di un autentico uomo di Dio.

Richiamarne la memoria - continua padre Giuseppe - è, pertanto, un voler riscoprire la loro presenza in mezzo a noi per rimetterci in ascolto dei loro passi carichi di pace e di bene, di gioia e di preghiera, di povertà e di condivisione, di mansuetudine e di umiltà, di semplicità e di speranza».

Ma la nostra gratitudine a padre Giuseppe va anche per aver voluto mettere in risalto l’eccezionale bontà e generosità delle nostre popolazioni. Ed è proprio ad esse che egli ha dedicato anche questo suo nuovo libro con queste precise parole: «A tutte le popolazioni del distretto conventuale che con gioia e venerazione hanno accolto nelle loro case gli umili frati cappuccini offrendo nel segno della carità la più sublime testimonianza di amore ai fratelli più poveri dei poveri». Credo che questo sia il più bel riconoscimento e il più bel elogio alle famiglie del nostro comprensorio.

Ma oggi c’è un altro avvenimento che sottolinea questo grande amore della gente dei nostri paesi ai frati cappuccini e dei frati cappuccini verso le nostre popolazioni: l’inaugurazione del museo etno-demologico.Onestamente bisogna riconoscere che padre Giuseppe non ci finisce mai di sorprenderci. A noi Sindaci ha detto più volte che il comprensorio deve adoperarsi con tutto se stesso a che il convento possa recuperare il ruolo e l’immagine dei tempi migliori. Il convento, infatti, è una presenza tra le più ricche e importanti della nostra terra. Esso racconta anche la nostra storia. Forse fino adesso, almeno dal punto di vista strutturale, non abbiamo fatto molto. E noi Sindaci del comprensorio ci siamo impegnati a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità, convinti che così facendo diamo più tono e credibilità alle nostre parole e alle nostre azioni.

Noi come amministrazione di Chiaravalle Centrale siamo particolarmente orgogliosi di aver realizzato il recupero del tetto della Chiesa e l’impianto di illuminazione della stessa. Il nostro impegno, che sicuramente andrà avanti con altre opere significative, sembra voglia ora allargarsi alle amministrazioni dei paesi del comprensorio, a dimostrazione che il convento è un patrimonio di tutto il comprensorio e come tale amato e servito. E di questo ne siamo particolarmente felici.

 

                                                                                                                                            Giuseppe Maida