a cura di Padre Giuseppe Sinopoli

 

 

 Manifesto

                                                                                                                                                                            Discorso del Sindaco

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SALUTO E INTRODUZIONE
COMMEMORAZIONE FRATI QUESTUANTI
E DEI LORO BENEFATTORI
Inaugurazione del Museo



Carissimo fratello Vicario Generale e carissimo fratello Ministro Provinciale, Autorità civili e militari, confratelli nel Sacerdozio, fratelli e sorelle tutti: Pace e Bene!

Una nuova ondata di commozione e gioia pervade il mio cuore nel vedervi, a qualche mese dalla riapertura al culto della nostra chiesa, oggi e qui con noi lodare e ringraziare il Signore per le meraviglie operate nelle semplici e umili persone dei nostri frati questuanti e delle semplici e generose famiglie dei paesi del nostro comprensorio. Un intreccio di vita e di testimonianza che ha innestato sulla nostra storia e sul nostro habitat rigogliose gemme di ideali e di benessere.

Fra Giuseppe da Reggio Calabria, fra Fortunato da Platania, fra Bonaventura da Caraffa del Bianco, frate Angelo da Arzona, fra Raimondo da Sambiase e fra Michele da Montepaone: sono questi gli uomini di Dio e del popolo che oggi vogliamo ricordare. «Compagni di viaggio, come tu carissimo fratello Antonio hai saggiamente scritto, conosciuti, amati apprezzati da tutti.

Creature come noi impastati di umana fragilità, sorretti, però, dalla fede e dalla speranza, ma soprattutto della carità. Uomini che hanno lottato, sofferto, pianto, gioito, pregato, peccato, testimoniato, che hanno condiviso la condizione della povera gente, che hanno spezzato il pane dell’umiliazione e del sacrificio, che hanno autenticato la loro esistenza con la fedeltà alla loro vocazione per altri giovani, per altri cristiani, per altri fratelli e sorelle impegnati a dare un senso alla vita.

Li ricordiamo con affetto e gratitudine perché al di sopra di tutto hanno amato Cristo e con gesti umili, semplici e dimessi hanno indotto a riflettere e ricercare Dio e la sua misericordia».

Essi, infatti, con la semplicità dei gesti e l’umile brevità delle parole, hanno saputo dirci quanto il Signore ci ama e come desidera che anche noi ci amiamo l’uno l’altro.

Andando come pellegrini di carità per le strade del mondo, si sono fatti piccoli semi di verità perché l’uomo potesse ritrovare lo splendore originale del suo volto nel volto del Padre e riscoprire quei valori che nobilitano la vita ed il suo habitat. Oggi, purtroppo, l’uomo sta correndo verso la rovina sua e del creato nell’illusione di costruirsi un avvenire di cui andare orgoglioso. Ed ogni giorno si apre davanti ai suoi occhi una pagina di vita sempre più deludente ed inquieta. D’altra parte più l’uomo si incorona protagonista assoluto della sua vita e più s’inoltra in pericolosi labirinti, che lo portano al disorientamento, alla solitudine e alla disperazione.

Questi umili fratelli, e tanti altri che vivono nell’umiltà e nel nascondimento, invece, hanno dimostrato, nonostante i loro limiti e le loro fragilità, che solo vivendo nell’alito di Dio l’uomo può veramente realizzarsi e gustare la gioia di vivere e di amare.

E’ fuori dubbio che la strada da percorrere non è facile, ma è la sola che può aiutare l’uomo ad essere veramente il capolavoro di Dio e l’oasi del creato.

Con uguale affetto e gratitudine ricordiamo e veneriamo anche i loro e nostri benefattori. Il loro numero e lo spessore della loro generosità li conosce solo Iddio. Come solo Iddio conosce quanto bene hanno fatto e ricevuto le popolazioni dei nostri paesi nel segno del frutto del loro lavoro, ed in modo speciale nel segno del pane, simbolo per eccellenza di provvidenza, donato. Benefattori sempre col cuore in mano e con negli occhi l’incontenibile gioia dell’accoglienza e del conversare con gli umili figli di San Francesco. La solenne concelebrazione, presieduta dal Vicario Generale dell’Ordine dei Cappuccini, è la nostra più ricca e autentica testimonianza di riconoscenza all’innumerevole schiera di benefattori che hanno cosparso i nostri luoghi del profumo della carità e della solidarietà.

A tutti oggi io, a nome dei miei confratelli, dico grazie e bacio le loro mani consunte dalla fatica e benedette dal Signore.

Ma permettetemi, carissimi fratelli e sorelle qui convenuti, che un grazie speciale gridi a tutte le famiglie che hanno offerto i reperti che ci consentono oggi di inaugurare il museo, che noi abbiamo voluto chiamare, come era giusto chiamarlo, museo etno-demologico, cioè della cultura e della civiltà del popolo, ovvero sia dei nostri padri e di tutti noi. Lo abbiamo voluto per non dimenticare e soprattutto perché i giovani abbiano l’opportunità di ritornare alle origini, riscoprirne la linfa vitale e guardare al futuro con maggiore ottimismo e sicurezza. E’ questa una preziosa scuola di vita per tutti, giovani e meno giovani, e perciò un insostituibile punto di riferimento.

E’ chiaro che quanto abbiamo iniziato non deve fermarsi qui, ma deve essere la scintilla che faccia divampare un incendio per un giusto e doveroso riconoscimento a chi nel silenzio e nella totale dedizione ha tanto amato, sofferto e pregato per la gloria di Dio, il bene dell’Ordine Cappuccino e il nostro bene.

Grazie vivissime a tutti, in modo particolare ai Sindaci ed a coloro che con gioia e passione hanno offerto la loro opera perché, come scrive padre Antonio Ascenzi, «gli autentici maestri di saggezza continuino ad indicarci una strada sicura nel dedalo intrigato della vita».

                                                                                                                             Padre Giuseppe Sinopoli