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SALUTO E INTRODUZIONE
COMMEMORAZIONE FRATI QUESTUANTI
E DEI LORO BENEFATTORI
Inaugurazione del Museo
Carissimo fratello Vicario Generale e carissimo fratello
Ministro Provinciale, Autorità civili e militari, confratelli nel
Sacerdozio, fratelli e sorelle tutti: Pace e Bene!
Una nuova ondata di commozione e gioia pervade il mio cuore nel vedervi,
a qualche mese dalla riapertura al culto della nostra chiesa, oggi e qui
con noi lodare e ringraziare il Signore per le meraviglie operate nelle
semplici e umili persone dei nostri frati questuanti e delle semplici e
generose famiglie dei paesi del nostro comprensorio. Un intreccio di
vita e di testimonianza che ha innestato sulla nostra storia e sul
nostro habitat rigogliose gemme di ideali e di benessere.
Fra Giuseppe da Reggio Calabria, fra Fortunato da Platania, fra
Bonaventura da Caraffa del Bianco, frate Angelo da Arzona, fra Raimondo
da Sambiase e fra Michele da Montepaone: sono questi gli uomini di Dio e
del popolo che oggi vogliamo ricordare. «Compagni di viaggio, come tu
carissimo fratello Antonio hai saggiamente scritto, conosciuti, amati
apprezzati da tutti.
Creature come noi impastati di umana fragilità, sorretti, però, dalla
fede e dalla speranza, ma soprattutto della carità. Uomini che hanno
lottato, sofferto, pianto, gioito, pregato, peccato, testimoniato, che
hanno condiviso la condizione della povera gente, che hanno spezzato il
pane dell’umiliazione e del sacrificio, che hanno autenticato la loro
esistenza con la fedeltà alla loro vocazione per altri giovani, per
altri cristiani, per altri fratelli e sorelle impegnati a dare un senso
alla vita.
Li ricordiamo con affetto e gratitudine perché al di sopra di tutto
hanno amato Cristo e con gesti umili, semplici e dimessi hanno indotto a
riflettere e ricercare Dio e la sua misericordia».
Essi, infatti, con la semplicità dei gesti e l’umile brevità delle
parole, hanno saputo dirci quanto il Signore ci ama e come desidera che
anche noi ci amiamo l’uno l’altro.
Andando come pellegrini di carità per le strade del mondo, si sono fatti
piccoli semi di verità perché l’uomo potesse ritrovare lo splendore
originale del suo volto nel volto del Padre e riscoprire quei valori che
nobilitano la vita ed il suo habitat. Oggi, purtroppo, l’uomo sta
correndo verso la rovina sua e del creato nell’illusione di costruirsi
un avvenire di cui andare orgoglioso. Ed ogni giorno si apre davanti ai
suoi occhi una pagina di vita sempre più deludente ed inquieta. D’altra
parte più l’uomo si incorona protagonista assoluto della sua vita e più
s’inoltra in pericolosi labirinti, che lo portano al disorientamento,
alla solitudine e alla disperazione.
Questi umili fratelli, e tanti altri che vivono nell’umiltà e nel
nascondimento, invece, hanno dimostrato, nonostante i loro limiti e le
loro fragilità, che solo vivendo nell’alito di Dio l’uomo può veramente
realizzarsi e gustare la gioia di vivere e di amare.
E’ fuori dubbio che la strada da percorrere non è facile, ma è la sola
che può aiutare l’uomo ad essere veramente il capolavoro di Dio e l’oasi
del creato.
Con uguale affetto e gratitudine ricordiamo e veneriamo anche i loro e
nostri benefattori. Il loro numero e lo spessore della loro generosità
li conosce solo Iddio. Come solo Iddio conosce quanto bene hanno fatto e
ricevuto le popolazioni dei nostri paesi nel segno del frutto del loro
lavoro, ed in modo speciale nel segno del pane, simbolo per eccellenza
di provvidenza, donato. Benefattori sempre col cuore in mano e con negli
occhi l’incontenibile gioia dell’accoglienza e del conversare con gli
umili figli di San Francesco. La solenne concelebrazione, presieduta dal
Vicario Generale dell’Ordine dei Cappuccini, è la nostra più ricca e
autentica testimonianza di riconoscenza all’innumerevole schiera di
benefattori che hanno cosparso i nostri luoghi del profumo della carità
e della solidarietà.
A tutti oggi io, a nome dei miei confratelli, dico grazie e bacio le
loro mani consunte dalla fatica e benedette dal Signore.
Ma permettetemi, carissimi fratelli e sorelle qui convenuti, che un
grazie speciale gridi a tutte le famiglie che hanno offerto i reperti
che ci consentono oggi di inaugurare il museo, che noi abbiamo voluto
chiamare, come era giusto chiamarlo, museo etno-demologico, cioè della
cultura e della civiltà del popolo, ovvero sia dei nostri padri e di
tutti noi. Lo abbiamo voluto per non dimenticare e soprattutto perché i
giovani abbiano l’opportunità di ritornare alle origini, riscoprirne la
linfa vitale e guardare al futuro con maggiore ottimismo e sicurezza. E’
questa una preziosa scuola di vita per tutti, giovani e meno giovani, e
perciò un insostituibile punto di riferimento.
E’ chiaro che quanto abbiamo iniziato non deve fermarsi qui, ma deve
essere la scintilla che faccia divampare un incendio per un giusto e
doveroso riconoscimento a chi nel silenzio e nella totale dedizione ha
tanto amato, sofferto e pregato per la gloria di Dio, il bene
dell’Ordine Cappuccino e il nostro bene.
Grazie vivissime a tutti, in modo particolare ai Sindaci ed a coloro che
con gioia e passione hanno offerto la loro opera perché, come scrive
padre Antonio Ascenzi, «gli autentici maestri di saggezza continuino ad
indicarci una strada sicura nel dedalo intrigato della vita».
Padre Giuseppe Sinopoli
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