a cura di Padre Giuseppe Sinopoli

 

 

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                                                                                                                                                                                   introduzione

                                                                                                                                                                                   presentazione

                                                                                                                                                                                   conclusione

                                                                                                                                                                                   appendice

                                                                                                                                                                                   pubblicazioni

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PREMESSA

 

(La dedica)

A tutte le popolazioni

del distretto conventuale

che con gioia e venerazione

hanno accolto nelle loro case

gli umili frati cappuccini

offrendo nel segno della carità

la più sublime testimonianza di amore

ai fratelli più poveri

dei poveri

 

 

L’idea di scrivere qualcosa che mantenesse vivo il ricordo dei nostri fratelli laici questuanti mi balenò qualche anno fa. Lo spunto me lo diedero alcune cartoline e lettere olografe che ho rinvenuto sfogliando i libri della biblioteca conventuale. Semplici espressioni di saluto di gente comune e di confratelli a dimostrazione del profondo affetto e della grande stima che essi si erano guadagnati con la loro vita esemplare di servi della carità.

 

Tale idea incominciò a prendere corpo dall’incontro che noi frati avemmo con i Sindaci di Cardinale, Torre di Ruggiero, Novalba, Argusto, Gagliato, Petrizzi, Centrache, Olivadi, Cenadi, San Vito sullo Jonio e Chiaravalle Centrale l’11 novembre del 2000, allo scopo di studiare nuove modalità e forme per recuperare la memoria di tali gesti, tali presenze e collaborazione e restituire così al convento il ruolo e l’immagine dei tempi migliori.

 

I fratelli laici costituivano, infatti, il vero tesoro del convento non solo per gli insostituibili servizi che svolgevano nella casa, ma anche per il loro capillare e prezioso ministero nel mondo. Recandosi di casa in casa o semplicemente camminando per strada, erano, mediante il buono esempio, una pastorale vivente di avvicinamento e di conquista degli uomini a Dio.

 

Il buon esempio di questi nostri umili fratelli, infatti, suscitava l’ammirazione, provocava la riflessione, infondeva coraggio nelle situazioni delicate della vita, apriva il cuore alla comprensione, alla solidarietà e alla speranza e spingeva alla virtù. E questo perché l’esempio era e continua ad essere più credibile e più efficace della parola.

 

D’altra parte i fratelli laici non erano uomini di lettere, ma sapevano ugualmente predicare il vangelo, edificando più con il comportamento che con la parola, perché di tutto il corpo avevano fatto una lingua (cfr.Cel 97:448).

 

Hanno portato più loro vocazioni in convento con la loro bisaccia colma di carità che dotti Padri con le loro prediche ineccepibili.

 

La loro scomparsa ha determinato un vistoso impoverimento vocazionale per la famiglia religiosa e la perdita di un punto di riferimento importante per la gente del mondo e, quindi, la scomparsa di un amico, di un fratello, di un autentico uomo di Dio. Richiamarne la memoria è, pertanto, un voler riscoprire la loro presenza in mezzo a noi per rimetterci in ascolto dei loro passi carichi di pace e di bene, di gioia e di preghiera, di povertà e di condivisione, di mansuetudine e di umiltà, di semplicità e di speranza, in una parola di sequela di Cristo e di Francesco.

 

Scopo di questo opuscolo non è quello di riprodurre la biografia integrale dei frati questuanti degli ultimi cinquant’anni che hanno vissuto nel convento di Chiaravalle Centrale, ma di rinfrescarne, per grandi linee sintetiche, la memoria attraverso la mia personale conoscenza o la testimonianza di alcuni loro ammiratori. Una piccola scintilla che, spero, faccia divampare un incendio per un giusto e doveroso riconoscimento a chi nel silenzio e nella totale dedizione ha tanto amato e sofferto per la gloria di Dio e il bene dell’Ordine Cappuccino e delle anime.

 

Chi non ricorda e non avverte nostalgia della mitezza di fra Giuseppe, della bontà di fra Fortunato, della dolcezza di fra Bonaventura, del sorriso di frate Angelo, della letizia di fra Raimondo e dell’affabilità di fra Michele?

 

Chi non ricorda e non ha nostalgia di questi semplici e umili figli del Poverello d’Assisi che per anni hanno percorso le strade dei nostri paesi e a cui le nostre famiglie hanno spalancato la porta di casa, offrendo loro un pò di pane, che poi essi distribuivano ai bambini ed ai poveri?

 

Le nostre borgate non si sentono ora, forse, orfane di un così evangelico esempio che tanta pace e tanto bene ha seminato, con un gesto affettuoso, una parola di conforto, un sorriso solidale, nel cuore di ogni persona, facendole gustare la gioia di essere amata e di amare?

 

Ricordare, allora, ed avere nostalgia di questi nostri fratelli è come farli rivivere e, soprattutto, testimoniare che il loro passaggio non è stato inutile, nella fiduciosa certezza che, come loro, molti altri seguiranno le orme e l’esempio luminoso di Francesco d’Assisi.

 

Il volume si chiude con due appendici: la prima, riproducente, un suggestivo articolo di Ilario Principe, intitolato ’U monacu, cioé il luogo che la sua famiglia aveva messo a disposizione dei cappuccini; la seconda, alcuni stralci olografi trascritti del diario spirituale di fra Bonaventura.

 

                                                                Padre Giuseppe Sinopoli